Una sorprendente indagine di GfK Eurisko
Siamo sicuri che le indagini sul mondo del vino, sugli andamenti dei consumi e gli orientamenti dei consumatori propongano risultati assolutamente oggettivi e attendibili? Dopo aver letto un’analisi (si dice così?) del vice presidente del GfK Eurisko (il più importante istituto operante in Italia nelle ricerche sul consumatore) Paolo Anselmi pubblicata sul numero di dicembre di Conegliano Valdobbiadene Terra del Prosecco, house organ del Consorzio tutela del vino Prosecco di Conegliano Valdobbiadene, comincio a pensare che la matematica sia davvero un’opinione e che non è affatto sicuro che uno più uno faccia sempre due. Seguitemi. Anselmi esordisce relazionandoci sui risultati di uno studio delle attitudini di consumo degli italiani: sarebbero “poco meno di 22 milioni” quelli “che consumano regolarmente vino”. Più avanti ci precisa però che “i numeri dello spumante sono più contenuti”. Una precisazione è subito indispensabile. Per Anselmi “spumante” significa l’intero allegro e confuso universo delle bollicine italiane, un qualcosa che mette insieme metodo classico e charmat, indifferentemente Asti, Prosecco e spumanti vari e metodo classico a denominazione d’origine. Precisato questo, ecco dunque rivelato che “gli italiani adulti che consumano lo spumante in modo non sporadico (ovvero almeno 5-6 volte all’anno) sono poco meno del 20% ovvero circa 9 milioni. Di questi tre quarti si dichiarano consumatori di spumante secco e due terzi di spumante dolce”. A parte il fatto che non si capisce perché si parli di quarti e di terzi e non di un’unità comune, questi numeri, nove milioni di consumatori lasciano perplessi. Solo nove milioni di persone che stappano e bevono “spumanti” sembrano proprio pochini… Anselmi prosegue informandoci che “la competenza in fatto di spumanti risulta tuttavia piuttosto limitata. Richiesti di indicare gli spumanti più conosciuti i consumatori mostrano spesso di confondere tipi e marche. Tra i dolci l’Asti (31%) risulta di gran lunga al primo posto, seguito dal Moscato (11%) e dal Brachetto (6%). Mentre tra i secchi prevale il Prosecco – che viene indicato spontaneamente dal 12% – seguito dal Pinot/Pinot Chardonnay (8%) e dal Cartizze (3%)”. Le perplessità crescono, perché inserire nella categoria degli “spumanti secchi” Prosecco e Cartizze appare quantomeno singolare… Si legge ancora che “lo spumante secco ha una frequenza di consumo che è esattamente doppia rispetto al dolce: 18 volte all’anno in media contro 9”. Le “rivelazioni” di Anselmi proseguono parlando delle “occasioni di consumo: il dolce prevale in occasione di feste e di cerimonie e si accompagna preferibilmente al dessert mentre il secco ha una presenza significativa anche come aperitivo (48%) e anche durante il pasto (24%) e il dopo cena (24%)”.
Ma veniamo ad altri robusti motivi di perplessità. Il vicepresidente della Gfk Eurisko ci dice che “i consumatori di secco si descrivono – e probabilmente sono effettivamente – soggetti più competenti dal punto di vista enogastronomico e lettori più attenti di guide e di stampa specializzata” e che “la regione e la marca sono i criteri prevalenti nella scelta dello spumante al momento dell’acquisto. Ed è interessante notare che per lo spumante secco trovano accentuazione – ovvero vengono tenuti in maggior conto – tutti i criteri qualificanti: la Doc/Docg, la regione di provenienza, la marca, il vitigno, il metodo di lavorazione e l’annata”. Eppure, alla luce di questi elementi discriminanti che, ci viene detto, dovrebbero fare la differenza, e far sì che il consumatore evoluto e colto dimostri tutta la sua competenza, il prode Anselmi cosa ci racconta? Molto semplice, che è “il Veneto – seguito dal Piemonte, Lombardia e Trentino – di gran lunga la regione considerata migliore nella produzione più qualificata. Viene infatti indicata dal 38% dei produttori italiani (ma siamo sicuri che non si tratti solo di consumatori della Marca Trevigiana? Ndr.) come quella che produce i migliori spumanti secchi (mentre al Piemonte è attribuita la maggiore competenza in fatto di dolci”. Questo perché “i tratti che contraddistinguono gli spumanti prodotti in Veneto sono la qualità del gusto, la tradizione, la notorietà e il loro essere adatti ad essere consumati come aperitivo che in occasioni importanti”. A questo punto, se i numeri sono ancora numeri con un loro preciso peso e non sfuggenti parvenze, il dottor Eurisko dovrebbe spiegarci visto che per il 38% dei consumatori italiani “spumante secco” è sinonimo di Prosecco e che la “spumantistica” veneta appare leader qualitativa, a quali altri prodotti e zone produttive vada invece il consenso del restante 62% di quei circa nove milioni di italiani che consumano “spumanti”. Perché sarebbe interessante capire, visto che il Veneto ed il Prosecco sembrerebbero aver conquistato toto corde l’immaginario dell’appassionato di bollicine, chi diavolo acquisti, stappi e consumi in Italia i circa 10 milioni di bottiglie di Franciacorta Docg, le nove di TrentoDoc, e i tre quattro milioni restanti suddivisi tra Oltrepò Pavese Docg, Alta Langa Docg, Alto Adige Doc. Magari si tratterà di tutti quegli stranieri che vengono in Italia da turisti e non essendo ancora stati sufficientemente indottrinati dal GfK Eurisko non hanno capito che è il Prosecco (solo quello Docg o anche quello Doc?) sinonimo di “spumante” secco di alta qualità. Oppure di qualche marziano che scende nottetempo a prosciugare le cantine produttrici di metodo classico e spumanti non veneti impedendo agli italiani consultati nelle indagini GfK Eurisko di trovarli sullo scaffale, di poterli bere e di sapere che esistono. Fantastico davvero il mondo delle ricerche e delle indagini sul consumatore: così pieno di risorse imprevedibili da far sì che persino i numeri arrivino… a dare i numeri!