Acciperbacco, l’ho fatta grossa. Con i miei ultimi interventi in tema di Prosecco , che potete leggere qui e poi ancora qui , ho fatto nascere in alcuni il sospetto, tanto più dopo questo richiamo , e alcuni precedenti post in tema di vini veneti, che io ce l’abbia con il Veneto , i suoi vini, la sua gente. Niente di più sbagliato. Sebbene abbia criticato l’eccessiva e confusa amaronizzazione della Valpolicella e mi diverto ogni tanto a prendere in giro determinati personaggi istituzionali che si comportano da propagandisti o piazzisti, io adoro il Veneto e non nutro assolutamente alcuna antipatia verso la sua gente, che trovo deliziosa. Quando penso alle terre del Soave in primis e al loro vino simbolo , ad un piccolo vino che ho nel cuore e di cui conto di occuparmi presto, anche qui, ovvero il Lessini Durello , e poi alla Valpolicella e ad alcuni vini e personaggi che tengono duro e che non accettano la riduzione dell’Amarone a wine commodity, non posso che dire, parafrasando Kennedy , “io sono un veneto”. L’ho già detto e devo ripeterlo, non riesco a diventare un Prosecco (Doc e Docg) fan , ma continuo ad osservare con grande attenzione ed estrema simpatia quella variazione sul tema Prosecco che sono i Prosecco (di varie denominazioni) Colfòndo . Roba intrigante, di cui ha scritto recentemente anche il mio amico americano Jeremy Parzen su Do Bianchi . Ho già raccontato, qui , alcune impressioni di degustazione avute nel corso di un bell’incontro – assaggio avuto, in terra trevisana, a novembre. Voglio oggi proseguire parlando di un altro Prosecco Colfòndo anzi, sur lie , degustato in quella occasione, quello opera della produttrice più simpatica e tosta del “gruppo” quella Carolina Gatti di Ponte di Piave di cui potete apprezzare la verve e l’arguzia con la quale scrive, ad esempio qui , raccontando dal suo punto di vista come e cosa diavolo siano quei Prosecco Colfòndo. Oppure quando anima un blog aziendale dal simpaticissimo titolo di Rabosando (perché lei e la sua famiglia adorano e hanno profonde radici nel Raboso). Il Prosecco di Treviso Doc da uve della vendemmia 2009 (ma in futuro potrebbe diventare anche un’Igt Marca Trevigiana (proprio come il Raboso) che nasce da vigneti condotti, come dice orgogliosamente, con la “forma di allevamento che contraddistingue i nostri vigneti, il “Bellussi”, ovvero il sistema a raggera. Potremmo adottare nuovi sistemi d’impianto, più moderni, ma preferiamo gustarci i nostri soldatini verdi con le braccia rivolte verso il cielo!”. Partito con solo 900 bottiglie e oggi arrivato alla “considerevole” quota di 2000 (che nessuno pensa di portare a 10 mila o ventimila) è un Colfòndo -sur lie che mi è proprio tanto piaciuto.
Paglierino verdognolo il colore, di grande brillantezza e traslucido, naso proprio come piace a me, molto salato, incisivo, petroso, intrigante nella sua essenzialità e precisione, impreziosito poi da note di cedro e fiori bianchi, ed una nitida nota aromatica, aperta e fragrante, tipica del vitigno. Quello che era (è?) il Prosecco e oggi chiamiamo Glera. Bocca perfettamente coerente, di grande pulizia e nerbo, piena di sapore, con rande pulizia e nerbo, un’apprezzabile costruzione e soprattutto notevole dinamismo e scatto, con grande freschezza e sale e una notevolissima piacevolezza, una capacità di farsi bere (anche da un tiepido prosecchista come me) contagiosa. Se Carolina, come dice, aveva in mente di “sdoganare il vino della casa” con questo suo Prosecco sur lie , ci è pienamente riuscita. E un bravo a tutti i Gatti, al padre Lorenzo, la mamma Renata e al fratello Lino, tutti coinvolti nell’attività di questa piccola, esemplare azienda.
P.S. Non ha le bollicine, non c’entra con il tema di questo blog, ma come posso scrivere dei Gatti senza raccontarvi, en passant, del loro ottimo Raboso Marca Trevigiana che esce dalla cantina intorno ai 6 euro? Non posso e quindi, beccatevi anche questa descrizione. Grande intensità di colore, rubino violaceo fitto, ma non impenetrabile, mostra un caratteristico naso vinoso, selvatico, leggermente e piacevolmente “aggressivo” e vegetale il giusto. La bocca è ricca, piena, sugosa, ricca di nerbo, con quel tannino “incazzoso” del Raboso che si fa sentire e chiama cibo e si sposa magnificamente sui piatti più grassi (penso ad una bella salsiccia o luganega come vogliamo chiamarla o delle salamelle alla piastra o in umido con lenticchie o meglio ancora crauti o cavolo cappuccio, a delle costine). Un vino senza tante balle che si fa bere: come dice qualcuno “il Raboso che non ti aspetti, che bevi e tasi”…
Azienda agricola Lorenzo Gatti via Campagne 29 Ponte di Piave TV e-mail cantinagatti@libero.it