In Italia come siamo messi in quanto a regole di produzione rispetto agli altri metodo classico europei prodotti in aree a denominazione d’origine? E qual’è in Italia la denominazione più rigorosa e severa, con i numeri più restrittivi, tra quelle relative alle “bollicine” Doc e Docg? Un’occhiata alla tabella che correda il post è sufficiente per capire che l’Oscar del rigore legislativo bollicinaro non spetta alla storica zona vinicola francese, che presenta la resa per ettaro più elevata, 140-144 quintali, superata solo da quella, 150 quintali, del TrentoDoc, e poi presenta un periodo di affinamento minimo sui lieviti, 15 mesi, pari a quella dell’Oltrepò Pavese e del TrentoDoc e inferiore solo a quella, nove mesi, dello spagnolo Cava. I francesi di Reims ed Epernay conquistano l’Oscar della legislazione più restrittiva solo nel caso dei millesimati, con un periodo minimo di trentasei mesi (contro i 24 del TrentoDoc e dell’Oltrepò Pavese e i 30 del Gran Reserva del Cava). Complessivamente la denominazione dotata della legislazione più severa appare chiaramente essere, se ne facciano una ragione i detrattori a comando, il Franciacorta Docg , il più rigoroso per il periodo minimo di affinamento di 18 mesi, per quello della Riserva, 60 mesi, per la resa per ettaro più bassa, 100 ettari (a pari merito con l’Oltrepò Pavese). Denominazione che si aggiudica l’Oscar del rigore non solo nei confronti della storica zona vinicola del nord della Francia, ma, ça va sans dire, anche rispettivamente nei confronti dell’Oltrepò Pavese Docg e del TrentoDoc, dove la resa per ettaro è superiore del 50% e per i millesimati bastano 24 mesi contro i 30 minimi dei Franciacorta. Se i numeri dicono qualcosa, meditate consumatori, meditate…