L’avevo scritto qualche anno fa e lo confermo più che mai ora: bisogna davvero non pensare al suo prezzo, qualcosa come 300 euro a bottiglia, davvero per happy few, e poco in linea con i tempi risparmiosi e poco inclini, per le persone normali, (non per chi poteva ieri, può oggi, e potrà indubbiamente ancora domani e dopodomani…), a spese folli, per riuscire a parlarne. Bisogna, anzi, è indispensabile, dimenticare una, fastidiosa e invero un po’ stupida, pubblicistica che lo circonda e che ci racconta – facendoci populisticamente affermare “ma chi se ne frega” – che “Springsteen e Sting lo bevono per ispirarsi. E lo stesso fa Le Carré, emulo di Hemingway“, che “il momento migliore per berlo è a mezzogiorno perché i sensi sono al massimo, e il palato se lo gode senza riserve”. Questo senza dimenticare, come ci raccontano, che “Catherine Deneuve e Sharon Stone ci vorrebbero fare il bagno, come per emulare Marilyn Monroe“… Sappiamo benissimo, senza che qualche articolo su riviste di carta patinata ce lo ricordi, che “la mitologia Krug è smisurata, è diventata quasi una mistica collettiva nel senso che tutti sanno che Krug è la formula uno fra gli champagne”. Che i “krughisti” rappresentano una collettività “di individualisti, come ama definirli Rémi Krug , affermando che bere Krug “é una scelta di bevuta e di vita”. Mitologia e oleografia (un po’ fastidiose) a parte, bere una bottiglia di Krug, per chi ama lo Champagne ed i méthode champenoise, é sempre un’esperienza speciale non solo da un punto di vista strettamente e puramente organolettico, ma dal punto di vista di quelle emozioni che una grande bottiglia di vino, soprattutto se bevuta in un’occasione speciale, sa regalare. Perché bevendo Krug si ha la precisa sensazione, che capita non molte volte anche di fronte alle più prestigiose e clamorose delle Cuvée de prestige, di bere un grande vino più che un “semplice” Champagne, una sorta di capolavoro che mette insieme savoir enologico, scienza compositiva delle cuvée e capacità di tirare fuori da determinati terroir tutta la loro verità. Esperienza Krug ancora più entusiasmante se lo Champagne protagonista é quella cosa rarissima che é il Krug Rosé , prodotto in quantitativi ridotti utilizzando Pinot noir vinificato in rosso proveniente da vecchi vigneti situati nel Grand Cru di Ay e della Montagne de Reims, assemblato con Pinot noir vinificato in bianco, Chardonnay e Pinot Meunier. Vini ovviamente fermentati, con la consueta tecnica, puramente krughiste, in piccoli fusti di rovere, e lasciati per almeno sei anni in bottiglia prima di uscire dalle caves di Reims, perché avessero tutto il tempo di affinarsi pazientemente e di consegnarsi all’eternità. Mi piace pertanto, volendo scrivere di questa nuova expérience krugiste che ho vissuto, paragonare le note di degustazione di quella prima occasione in cui degustai il Rosé, un’occasione pubblica, una degustazione con altri giornalisti, e questa seconda occasione, del tutto privata, quando la stessa bottiglia, stappata anni dopo, in tutt’altre circostanze, mi doveva giocoforza regalare altre sensazioni. E me ne ha davvero regalate, di sublimi… Allora, cinque anni fa, scrissi che, spezzato l’incanto del primo sorso e scoperto che oltre a proporsi strepitosamente vivace nella flûte, grazie ad un perlage sottile, imprevedibile, zigzagante, sbarazzino, questo Rosè da mille e una notte non restava affatto sulle sue, ma si concedeva gioiosamente, dispensando spensierata joie de vivre e invitando gioiosamente e golosamente a farsi bere, venni conquistato da un vino tanto grande e così semplice diretto nel comunicare e nel farsi capire. Colore buccia di cipolla – melograno, corallo scarico, di una lucentezza e di una brillantezza tutta sua, al primo contatto olfattivo il Krug rosé lascia interdetti per la sua stregante freschezza, l’eleganza persuasiva, la cremosità croccante quasi da meringa appena sfornata, la suadente fragranza di petali di rose e di peonie, di cassis, lampone, ricordi di cioccolato bianco e di spezie esotiche, di confetto, pepe, zenzero, frutta secca. In bocca, al palato, la sua splendida secchezza senza concessioni, la sapidità minerale, il carattere nervoso e la vena intrigante di mandorla, che danno vivacità e nerbo e assicurano un finale lunghissimo, articolato, appuntito, eppure delicato e morbido, sono veramente una magia. Oggi, invece, confermato l’aspetto puramente cromatico, con una venatura che richiamava il melone e la pesca bianca, il Krug rosé mi ha ancora più dell’altra volta soggiogato, conquistato per il suo naso di stupefacente personalità, dove le note di piccoli frutti rossi, di prugna rossa ungherese, di mandorla e pesca si inchinavano all’altare di una “croccantezza” olfattiva, di un precisissimo, nitido, scattante nerbo sapido. E poi che meraviglia la bocca di assoluta, mirabile precisione, l’acidità perfettamente calibrata, il perfetto equilibrio in tutte le componenti, un vero esprit de finesse fatto vino, la freschezza mirabile, la pulizia stupefacente, quel modo di disporsi in bocca, verticale, pieno di energia, eppure suadente, pieno di charme assolutamente inimitabile. Un capolavoro. Ritorno a dirlo: dimenticate il prezzo, assolutamente folle, la consapevolezza che 300 euro per una bottiglia di vino sono uno scandalo e forse un insulto. Tutto vero, ma rimanete, per un attimo ancora, se ci riuscite, nel reame del sogno: di fronte ad un’opera d’arte del genere non potrete che concordare con Rémi Krug e riconoscere che “c’è lo Champagne, e poi c’è Krug “. E davvero “non dimenticherete mai” – come non dimenticherò mai io – “il primo sorso di Krug” ed i successivi e l’intrigante carezza, la maliosa provocazione, la sensuale dolcezza di questo Rosé, il Krug più segreto…