Prevedo già le vostre obiezioni: ma cosa si poteva mai pretendere mai da una bottiglia, seppur di metodo classico, prodotta in Trentino , pagata nemmeno sei euro per un’offerta pasquale, come ho già raccontato qui , e trovata sugli scaffali del miglior canale, sicuramente per quanto riguarda la proposta vino, della Grande Distribuzione ? Era possibile pensare, pagando un prezzo più da Prosecco che da TrentoDoc , trovarsi nel calice un metodo classico che andasse oltre la pura “potabilità”, la capacità di dissetare, di farsi bere senza problemi, e che mostrasse un pizzico di carattere, di personalità che non si limitasse alla mera correttezza tecnica? Capisco bene le obiezioni, che sono giustificatissime, ma sono persuaso che anche in un prodotto che non ha particolari ambizioni come questo, che è stato prodotto appositamente per la G.D.O. e che è stato classificato in retroetichetta come Vino spumante di qualità senza nessuna indicazione TrentoDo c, nonostante la casa spumantistica con sede a Ravina nei pressi di Trento, che fa parte della galassia Lavis , produca Trento Doc e faccia parte dell’Istituto TrentoDoc , si possano cercare elementi qualitativi un po’ superiori a quelli che ho trovato in questa bottiglia. Il cui prezzo originario, al netto di offerte promozionali, è di 9,98 euro , e spendendo 10 euro credo che il consumatore, anche quello non particolarmente ambizioso, quello che si accontenta di acquistare metodo classico, a denominazione d’origine e non, nei canali della Grande Distribuzione, canale che non è certo l’enoteca dove si può trovare una gamma molto più ampia, diversificata e qualificata, di bollicine elaborate con la tecnica della rifermentazione in bottiglia, potrebbe pretendere qualcosa di più e di meglio di un prodotto tecnicamente ineccepibile, ma praticamente senz’anima. Di questo Cesarini Sforza Le Millesimé Brut metodo classico 2008 come si legge in etichetta sappiamo che è ottenuto da uve Chardonnay e Pinot nero, che la sboccatura porta la data, già ad aprile, “primo semestre 2011”, e che nella retroetichetta viene fornita questa informazione, non so quanto per lui utile, al consumatore, ovvero che “il lungo ciclo di elaborazione di questa bottiglia secondo il metodo classico si conclude con la sboccatura”. Quanto alla identità di questo vino, è piuttosto vaga e confusa, visto che non viene rivendicato come TrentoDoc , anche se Cesarini Sforza ne produce ben quattro, Cuvée Brut, Tridentum, Tridentum Rosé e Aquila Reale riserva, oltre a tre Charmat (si tratta, come accade spesso in Trentino, di un’azienda che produce metodo Classico per un 55% e metodo Charmat per il restante 45%: cosa che non accade assolutamente in Franciacorta, dove da anni la produzione è concentrata unicamente sui metodo classico Docg), viene presentato come “vino spumante di qualità”, nonostante faccia parte dell’Istituto TrentoDoc , salvo riportare in una fascetta posta sopra la retroetichetta la dizione ed il logo di “Talento metodo classico”, sebbene sul sito Internet dell’associazione non figuri tra le aziende associate. Una comunicazione estremamente confusa dunque, alla quale si aggiunge poi la scelta del nome francese “Le Millesimé ” per qualificare il vino e dargli un’aurea d’importanza (ribadita anche dalla dizione Millesimato 2008 che appare in un bollino posto sopra l’etichetta). Questo a dispetto di quanto venne scritto all’epoca dell’entrata dell’azienda nel Gruppo La-Vis: “tre i capisaldi del nuovo corso, che diventano anche le espressioni della filosofia Cesarini Sforza: qualità, immagine e cultura. Tre valori da perseguire per portare Cesarini Sforza a diventare l’azienda trentina che produce vini-spumanti attraverso una filiera riconosciuta e collaudata e con grande capacità di promuoverli e collocarli sul mercato”. Va poi ricordato quello che scrive di sé, a mo’ di presentazione sul proprio sito Internet: “Cesarini Sforza Spumanti è stata fondata nel 1974 con l’obiettivo di produrre spumanti trentini di alta qualità. In pochi anni, l’azienda è riuscita a selezionare nelle migliori zone del Trentino un buon numero di vigneti di uve Chardonnay e Pinot Nero, riuscendo nel proprio intento di offrire una proposta di eccellenza nel panorama italiano”. Bene, ma dopo tutte queste parole, cosa mi ha detto la mia prova assaggio di questo vino la cui utilità commerciale è tutta da dimostrare? Non mi ha detto granché… Colore paglierino oro piuttosto scarico con riflessi verdognoli, spuma abbastanza ampia quando si versa il vino nel bicchiere, perlage di media intensità e non molto fine, naso intensamente fruttato vinoso fresco non di grande complessità, con note che evocano la mela golden, accenni di fiori bianchi, leggere note di lieviti e crosta di pane e profumi abbastanza appealing, semplici, di facile presa, giocati sulla freschezza e immediatezza che sulla complessità molto diretti. Bocca molto semplice e abbastanza corta, con poco sviluppo e volume e acidità viva che spinge, ma con una certa impressione di crudezza e qualche durezza, da vino che ha materia piccola, poca personalità e carattere e che mostra tutte le sue peculiarità sul piano di un corredo acido spiccato, di una buona sapidità, con leggere note agrumate e di una facilità di beva. Semplicità e immediatezza più da Charmat, da Prosecco Doc, che da metodo classico, persistenza molto limitata, il vino non si espande in bocca non ha grande sapore e non riempie il palato.
E’ fresco, giovane, semplice, e non avendo particolari pretese si fa indubbiamente bere ma, mi chiedo, che senso ha produrre un metodo classico con queste caratteristiche e non sarebbe meglio, visto anche il prezzo, puntare su un più onesto Charmat? E ancora: è attraverso prodotti come questi che deve passare la strada del metodo classico in terra trentina e con quali risultati d’immagine e di credibilità per la tipologia?