Dopo aver dato, qui , l’annuncio in diretta che uno dei più abili manager del vino italiano, Lorenzo Biscontin , dal settembre 2007 direttore marketing del Gruppo Vinicolo Santa Margherita , con responsabilità delle strategie di marketing sul mercato italiano e su quelli esteri, con un post pubblicato sul suo blog Biscomarketing , aveva annunciato, leggete qui , di aver concluso il proprio rapporto di collaborazione con la grande azienda, torno ad occuparmi di quello che Biscontin ha scritto, parlando di Prosecco e dintorni, in questo suo post di congedo dalla celebre azienda produttrice di Pinot grigio. Biscontin esordisce ricostruendo una cronistoria dell’affaire Prosecco, del passaggio alla Docg e alla creazione di una nuova Doc multiregionale e osserva acutamente che “questi cambiamenti hanno creato una grande confusione sul mercato, a mio parere non del tutto giustificata dai fatti in sè, quanto dalla crisi di identità in cui sono entrati i produttori della zona storica di Conegliano e Valdobbiadene, crisi legata soprattutto alla modificata percezione di se stessi e del contesto a seguito dell’istituzione della nuova DOCG e nuova Doc. La crisi di identità della DOCG è ancora in atto, come dimostrano la ridotta efficacia della comunicazione messa in atto ed il fatto che tra i suoi produttori si continuino periodicamente a dibattere ancora gli stessi temi discussi nel 2009, benchè il nuovo quadro legislativo li abbia di fatto, nel bene o nel male, risolti”. In seconda battuta sottolinea che “Prosecco” invece è un termine che, sia come livello di conoscenza che di reputazione, ha un grande valore sul mercato e quindi sarebbe una grande spreco abbandonarlo, regalando tutto quel valore al Prosecco Doc. La cosa è evidente, ed in effetti il regolamento della DOCG prevede l’utilizzo del termine “Prosecco” accompagnato dall’aggettivo “Superiore”, che una bellissima parola: qualificante e comprensibile nelle lingue parlate dai principali mercati di esportazione del vino italiano. Però l’indicazione di questi termini in etichetta è subordinata a quella di Conegliano-Valdobbiadene e quindi inferiore, anche per quanto riguarda la dimensione del carattere. Una scelta che in pratica fa sì che la parola “Prosecco” sia più evidente nelle etichette della DOC che in quelle della DOCG, creando un svantaggio competitivo e cedendo, di fatto, buona parte del valore che i produttori di Conegliano e Valdobbiadene hanno creato sul mercato”. L’ex manager della Santa Margherita sottolinea l’assoluta necessità di incrementare e affinare la comunicazione sulla pluralità del Prosecco, “il messaggio che dovrebbe essere trasferito al mercato in questa prima fase: esiste il prosecco (di pianura) ed esiste il prosecco superiore (collina). Concetto semplice, chiaro, comprensibile ed efficace. Poi di contorno posso rafforzarlo/circostanziarlo con le Rive, il Cartizze, le diverse rese per ettaro, ecc.., evitando però di dare tutto allo stesso tempo oppure ogni volta una cosa diversa, perchè così l’unico risultato è di non ottenere risultati”. E’ nella chiusura del suo pezzo che sono contenute le osservazioni più intriganti, quelle relative al Prosecco millesimato, allorché esprime la convizione che “il prosecco però, a differenza dello champagne, non è un vino che si presta all’invecchiamento. Anzi le sue caratteristiche di freschezza e fragranza si esaltano quando l’imbottigliamento è relativamente recente. Questo significa che non ha nessun senso chiedere oggi un prosecco del 2007, anche se si fosse trattato di un’ottima annata, mentre è normale (costi a parte) bere champagne millesimati invecchiati dieci anni e più. Il millesimato nel prosecco quindi è innanzitutto un controsenso tecnico, ma quello che mi manda veramente fuori di me è che i disciplinari tanto della DOC come della DOCG prevedono l’indicazione del termine “Millesimato” senza l’obbligo di indicare l’annata e quindi si trovano normalmente sul mercato prosecchi millesimati, senza sapere però di che anno. Come ho detto all’inizio è una cosa che funziona perchè sfrutta il valore che il termine ha per il consumatore. Per me però le strategie che si basano sulla (relativa) ignoranza del consumatore sono sempre a doppio taglio e più si diffondono, più si affilano”. Perplessità, infine, per il recente approdo di talune aziende alla tipologia del Prosecco metodo classico: “sono molto perplesso riguardo ad operazioni di questo tipo perchè rischiano di snaturare le caratteristiche che hanno portato il prosecco al successo di cui gode oggi”. Come non essere assolutamente d’accordo con queste osservazioni? E come non pensare che un manager così capace e dalle idee così chiare (e per di più espresse con assoluta chiarezza) potrebbe fare solo del bene se la sua professionalità venisse messa al servizio del mondo del Prosecco tutto?