Intendiamoci, per ora c’è ancora tutto da capire e forse vale la pena attendere che il progetto venga effettivamente presentato nella sua interezza. Però, da quel poco che è trapelato, e da quanto si è capito da un trafiletto pubblicato dal quotidiano di Trento L’Adige, nonché da un articolo pubblicato sul combattivo black blog Trentino wine blog , è legittimo nutrire qualche perplessità sul cosiddetto Premio carta vini TrentoDoc . Promosso dall’Istituto TrentoDoc per recuperare il gap, in quanto a presenze nelle carte dei vini dei ristoranti italiani di qualità, delle bollicine metodo classico trentine nei confronti di quelle della Franciacorta, che è più facile trovare a Roma, Bologna, Palermo, Milano, ecc. rispetto a quelle prodotte in Trentino. Come ha scritto Trentino wine blog , “l’idea è quella di incoraggiare , diciamo così, i ristoratori italiani a vendere e a valorizzare Trentodoc. In cambio di non meglio precisate segnalazioni (dove?) e di non meglio precisate iniziative in varie città”. Si tratterebbe, pare, di una sinergia tra l’Istituto TrentoDoc e la guida dei ristoranti di un noto gruppo editoriale (che edita anche una celebre guida dei vini) ed è sempre stato molto vivace e attivo in operazioni di marketing. Una sorta di “ Oscar delle bollicine” che vuole premiare quei ristoratori, gestori di wine bar, enoteche che stanno valorizzando le bollicine trentine nella loro offerta, una “spintarella della pubblipromozione trentina” ai locali che decideranno di mettere in carta qualche etichetta di remuage di montagna”. A me questa idea, che Cosimo Piovasco di Rondò definisce senza mezzi termini “ l’idea della marchetta sistemica. La presunzione che con il denaro (ancor meglio se pubblico) ci si possa comprare tutto. Passando sopra tutto e tutti”, non piace affatto. Mi sembra un’operazione figlia di logiche vecchie che si pensava fossero state superate. Una sorta di do ut des . Non vorrei che passasse l’idea balzana secondo la quale i ristoranti accettano , pardon scelgono di acquistare e mettere in carta un numero più considerevole di TrentoDoc (magari venduti loro a prezzi ribassati grazie ad una promozione resa possibile, con soldi pubblici, dall’Istituto o da qualcuno dei vari organismi di promozione pubblica, che operano con soldi di noi tutti, attivi in terra trentina), perché avendoli in carta godrebbero di un occhio di riguardo, di un giudizio favorevole, da parte della guida che attribuisce il premio. Come scrive il Trentino wine blog “si possano ungere le vendite di Trentodoc e condizionare le Carte Vino della ristorazione italiana. Ma che razza di promozione è mai questa? E come la prenderanno i nostri diretti concorrenti franciacortini, costretti a misurarsi con un prodotto pompato in questo modo dalla pubblipromozione trentina? E cosa penserà il consumatore di metodo classico di fronte ad una carta vini che saprà essere stata condizionata da condizionamenti promozionali di parte?”. Per riprendere quello che ha dichiarato Roberto Cesconi , piccolo e validissimo produttore trentino, criticando aspramente l’attuale gestione del TrentoDoc, “la promozione va bene, ma non si può comprare l’amore per un prodotto e non bastano i testimonial. Non sarà un concorso a farci entrare nelle carte vini”.
E in una logica concorrenziale e di economia di liberto mercato tutti i protagonisti del metodo classico italiano devono trovarsi sullo stesso piano disponendo delle identiche possibilità di essere scelti dai ristoranti e finire sulle loro carte dei vini. Devono farlo per merito della qualità dei vini prodotti, della forza del marchio, del prestigio dell’azienda, del rapporto prezzo-qualità, della validità della proposta commerciale, della credibilità e della forza dell’immagine collettiva della zona di produzione. E non perché possano disporre della spintarella rappresentata da una furba operazione pubblipromozionale che vede uniti in una sorta di “corrispondenza di amorosi sensi” un Istituto che si occupa di promozione, un gruppo di aziende e una guida dei ristoranti pronta oggi a premiare la carta dei vini più trentodocchista e domani, chissà quali altre denominazioni se il business diventasse più conveniente con loro…