A proposito dei nuovi consumatori dei Paesi BRIC
Ho letto con grande attenzione il comunicato stampa arrivatomi dalla casa vinicola Bisol di Santo Stefano di Valdobbiadene, una delle aziende simbolo del Prosecco “storico”, quello fortemente radicato nei terroir della Marca Trevigiana e nella “heimat” di Conegliano e Valdobbiadene, che saluta il fantastico exploit fatto registrare dal 2009 ad oggi nei cosiddetti Paesi BRIC , ovvero Brasile, Russia, India e Cina, dove le vendite dei Prosecco Dogc Bisono sono cresciute del 650%. Come ogni osservatore di cose vinicole non posso che complimentarmi con i Bisol ed i loro collaboratori per questi risultati, un fatturato 2011 di 13 milioni di euro, l’esportazione in 56 Paesi, una crescita in Brasile (che rappresenta il venti per cento dell’export nei Paesi BRIC) del 300% nell’ultimo triennio, che diventa 130% in Cina (che rappresenta il 25% dell’export nei quattro Paesi sopra citati). Con una Russia che da sola rappresenta per Bisol oltre il 65% dell’incremento ed oltre il 55% dell’export dei Paesi BRIC, e una crescita generalizzata del genere c’è di che essere soddisfatti e guardare al futuro con ottimismo. Magari con qualche comprensibile iperbole ed esagerazione . La mia riflessione relativa al comunicato stampa di Bisol non si è però fermata agli impressionanti dati statistici e si è estesa agli aspetti semantici e comunicazionali. Mi riferisco alle parole del direttore generale dell’azienda, Gianluca Bisol , secondo il quale “chi degusta un calice Bisol cerca un certo tipo di qualità e di cultura del territorio” e poi alle informazioni fornite sulla presenza dei vini Bisol in Brasile secondo le quali “il Cru Cartizze Bisol è servito nel raffinato ristorante Mr Lam – a Rio de Janeiro -, di proprietà di Elike Batista, uno dei 10 uomini più ricchi al mondo. A San Paolo, si può degustare il noSO2 al Mani, locale di tendenza noto per la sua “cucina naturale” ed eletto dalla rivista britannica Restaurant Magazine fra i 100 ristoranti top al mondo”. Annotazioni che fanno il paio con la sottolineatura che in Cina “il Prosecco si sta facendo apprezzare nelle metropoli e, soprattutto, nei locali più lussuosi. A Pechino, Bisol viene servito in ristoranti top quali LM Plus e da Fairmont”, mentre in Russia “i vini Bisol sono presenti nei ristoranti della catena Sindikat – una delle più grandi e ricche in Russia -, nei ristoranti del gruppo BOSCO – incluso il negozio luxury GUM sulla Piazza Rossa -, nella catena di Novikov – ristorante Bolshoy e Macho Grill – ed in hotel importanti quali Swissotel e Marriott Grand Hotel”. La clientela Vip russa sceglie per gli eventi di eccellenza i vini Bisol, che, ad esempio, accompagnano prestigiosi incontri culturali, politici e finanziari come il “Forum Russia”, l’appuntamento più importante del mondo finanziario russo”. Chapeau doveroso agli export manager dell’azienda trevisana, nonché ai Business Development Director East Countries, per questa collocazione significativa e per certi versi qualificante dei Conegliano Valdobbiadene Docg, ma leggendo questo comunicato e le parole, sempre entusiastiche e ricche di immaginazione, di Gianluca Bisol, che definisce i propri Prosecco “chic & easy” e con termini a metà tra la sociologia ed il marketing un vero “lifestyle symbol ”, mi chiedevo, pur con tutta l’ammirazione ed il rispetto per questa azienda portabandiera del vino italiano, se provando a trasformare il Prosecco in un vino da vip non si finisca, magari involontariamente, con il promuovere un’immagine del miglior Prosecco un po’ forzata. L’immagine di un vino da nouveaux riches che magari perché hanno meno cultura e gusto e sono arrivati al vino da poco, perché in certi ambienti è di moda e fa fino berlo, lo preferiscono, perché più popolare e cheap, allo Champagne. E mi chiedo come si concili questa idea del Prosecco luxury & glam , che viene servito in locali da happy few , con l’anima (posso dire ancora questa parola senza passare per un romantico Don Chisciotte?), del Prosecco, con la sua natura autentica di prodotto facile , accessibile a tutti (anche per il prezzo, che in molti casi e anche per molti Prosecco Superiore Docg, è nettamente inferiore a quello di un metodo classico o di uno Champagne base) e popolare . Un prodotto che è legittimo, grazie all’azione di aziende di grande qualità e forti ambizioni come Bisol, che punti ad una qualificazione superiore, alla conquista di un’allure e di un fascino da grande vino, ma che trasformare in un lifestyle symbol sembra un po’ una forzatura…. Se è davvero, come dichiara Gianluca Bisol, un prodotto “versatile che viene scelto per brindare in ogni momento della giornata e accompagna bene ogni tipo di portata, dall’aperitivo al dessert”, come può diventare, dimenticando le proprie radici venete di vino da “cicchetto”, un prodotto di lusso da “clientela Vip”, seppure dei Paesi BRIC?