Intervista ad Enrico Zanoni, presidente “vorrei ma non posso” dell’Istituto del metodo classico trentino- prima parte
Sono passati un po’ di mesi dall’epoca della sua elezione a nuovo Presidente dell’Istituto del Trento Doc e del mio appello-lettera aperta con richiesta di incontrarlo, con relativa risposta , ma alla fine ce l’abbiamo fatta. Frutto di una lunga e distesa, e anche piacevole, come ho già detto , chiacchierata di inizio settembre presso la Cavit , di cui è direttore generale, ecco la lunga, e credo interessante, intervista ad Enrico Zanoni , che dal dicembre 2011 si é preso il pesante impegno di provare a guidare, e dare maggiore vigore, all’ente (avrei voluto definirlo Consorzio, ma è altra cosa) che si occupa dell’immagine, della promozione e della comunicazione delle “bollicine ” metodo classico prodotte in provincia di Trento. Un’ampia conversazione sul presente e sul futuro dell’Istituto, sui problemi (ad un occhio non trentino assolutamente incomprensibili) che ostacolano l’ordinaria amministrazione ed il corretto funzionamento dell’organo che coordina (o meglio, dovrebbe coordinare) l’operato dei produttori di una denominazione che nel 2013 festeggerà i suoi primi vent’anni di vita. Un discorso molto franco su quanto Zanoni vorrebbe fare e oggi, oggettivamente, si trova impossibilitato a fare. Il che per un uomo pragmatico come lui immagino sia una seccatura non da poco… Quella che emerge è un’immagine dell’Istituto del Trento Doc più simile ad un work in progress e ad un mondo tutto aspirazioni e desideri che ad una realtà ben consolidata, dove si potrebbe e si dovrebbe fare meglio di quanto non si faccia oggi e dove una sorta di complicata scatola cinese di enti e competenze (visti i risultati verrebbe dire anche di incompetenze…) ostacola tutto. Una sorta di Ucas , ufficio complicazione affari semplici, che corrisponde ad una “logica”, se così vogliamo chiamarla, tutta trentina. Data la lunghezza dell’intervista, ho pensato di suddividerla in tre parti, per facilitare la lettura e non annoiare – ma sono persuaso che le dichiarazioni di Zanoni non lo faranno affatto… – il lettore. Da semplice osservatore della scena del vino trentina e da cronista e commentatore delle vicende del vino di questa terra bellissima, ma un po’ complessa, non posso che augurarmi che l’impegno e la fatica di persone sicuramente capaci come il presidente del Trento Doc non siano profusi invano e che il metodo classico targato Trento possa farsi conoscere più efficacemente grazie ad iniziative più coordinate e mirate dai consumatori appassionati di “bollicine” prodotte con la tecnica della rifermentazione in bottiglia. Buona lettura!
Dottor Zanoni, che bilancio si sente di fare dei suoi primi nove mesi di presidenza dell’Istituto del Trento Doc? Devo dire di non essere soddisfatto. Ci sono alcuni aspetti positivi, di cui sono contento, come la compattezza del Consiglio dell’Istituto dove ci si confronta e si discute sempre con rispetto. In Consiglio sono rispettate tutte le anime della produzione trentina: la cooperazione, i piccoli produttori, i produttori più grandi. Tutti hanno la possibilità di esprimersi e confrontarsi e ognuno ha pari peso e dignità. Non è che chi produce milioni di bottiglie conta più di chi ne produce ventimila. Un aspetto meno positivo è il non essere riusciti ad influire di più su alcuni aspetti relativi alle politiche promozionali. Parla ad esempio del sito Internet dell’Istituto ? Le riconosco di aver avuto ragione ad insistere spesso su questa cosa. Questa questione è esemplificativa del dover allineare e coordinare alcune funzioni e competenze: a chi tocca farlo? Prima sembrava dover essere in carico all’Istituto poi a Trentino marketing, poi le competenze sono tornate indietro e ora sembra doversene fare carico Trentino marketing, con un forte ruolo influenzatore da parte dell’Istituto. Speriamo…
Parecchi attori in gioco, competenze non chiare Tornando alla sua domanda, oggettivamente ci sono dei problemi, dovuti al fatto che sono parecchi soggetti e vari attori in gioco: Istituto, Trentino marketing (Società di marketing turistico-territoriale – ndr), Provincia Autonoma di Trento , Consorzio tutela vini del Trentino . Questo rende tutto più difficile e spesso non si capiscono bene le competenze. Io non sono un abile burocrate e diplomatico e speravo si riuscisse a dare un po’ più impulso con una politica promozionale precisa portata avanti con coerenza scegliendo determinate priorità e facendo scelte ben determinate. Di questo non sono di certo soddisfatto.
Che cos’è oggi l’Istituto del Trento Doc e quale la sua sfera di competenza? Le rispondo dicendo quello che è e quello che dovrebbe essere a mio avviso. Oggi è un momento di confronto e condivisione tra produttori e uno strumento influenzatore di altri enti, perché parlandoci chiaro il budget promozionale è appannaggio di Trentino marketing, con una partecipazione di una piccola quota da parte dei produttori, non per numero esatto di bottiglie prodotte, ma in base a fasce di bottiglie prodotte, cosa già prevista in statuto. Istituto del Trento Doc: un ministero… senza portafoglio… C’è stata finalmente una dotazione all’Istituto per la ordinaria amministrazione, per le piccole cose. Ma il ruolo di influenzatore è un po’ come essere un ministro senza portafoglio, che a volte viene ascoltato altre no…
Quali sono le linee guida che l’Istituto si è dato? Ho definito una serie di linee guida che dovevano contraddistinguere l’attività promozionale in tre anni. Focalizzarsi sugli opinion leader, arrivare al consumatore finale in un certo modo, organizzare attività promozionali sul territorio sfruttando la vocazione turistica del Trentino e intercettare i turisti. Non tutto è andato nella direzione voluta, pur lavorando di concerto con Trentino marketing ma addirittura con qualche complicazione in più, avendo questa microstruttura con Fabio Piccoli, che è un “direttore” consulente esterno, consulente di Trentino marketing, il che non facilita le cose. Uno strumento di influenza su chi ha la possibilità di intervenire sull’azione promozionale. Nei miei desideri dovrebbe essere qualcosa simile al Consorzio Franciacorta… Beh, avete già dimostrato di ispirarvi, almeno a parole, annunciando un Osservatorio economico, sullo stile di quello franciacortino , per ora solo annunciato… A che punto siamo? E’ stato preparato un questionario mandato a tutti i produttori, molto dettagliato, forse troppo, cui ha risposto solo un ottanta per cento dei soggetti. Questa eccessiva ricchezza di dettagli ha creato in qualcuno qualche “allergia” nel rispondere… Recentemente ho proposto di alleggerire alcuni aspetti per avere la totalità delle risposte.
Ma invece di mandare un questionario, rischiando di non avere risposte , non si poteva mandare un incaricato a turno in tutte le 38 aziende per avere veramente tutti i dati necessari? Ha ragione, ma chi potevo mandare? Piccoli non può, dato il suo ruolo non perfettamente focalizzato, la segretaria non la potevo mandare, io non ce la faccio a farlo… Tutto sommato il questionario è stata la via obbligata. Ora intendo mandare in forma semplificata il questionario a chi non ha risposto, per disporre finalmente di tutti i dati utili e avere quella trasparenza nella comunicazione che lei giustamente più volte ha richiesto.
Numeri del Trento Doc: quasi un segreto di Stato A proposito di trasparenza: possibile che conoscere i numeri esatti del Trento Doc sia praticamente impossibile? Perché non si comunica esattamente quante bottiglie produce ogni soggetto ? Conoscere la totalità della produzione è un obiettivo giusto e ragionevole, divulgare l’ammontare della produzione di ogni singola azienda è una scelta aziendale personale che io non mi sentirei di favorire. Sapere quante bottiglie vengono tirate e quanto vengono vendute è legittimo, ma globalmente, non per singola azienda. Non vedo l’ora di avere questo dato complessivo certificato, per diffonderlo. In una presentazione ho usato un dato ufficiale della Camera di Commercio sulle bottiglie prodotte, oltre 7 milioni, un dato stabile negli ultimi due anni.
Lei si sentirebbe di definire questa denominazione in salute e in crescita o pensa che viva un momento statico? Se lei mi chiede se la denominazione è cresciuta e in che proporzione non glielo so dire, ma ho elementi concreti e non solo percezioni che mi fanno pensare che il Trento Doc sia in buona salute. Alcune aziende, inclusa Cavit con l’Altemasi, stanno crescendo significativamente. Complessivamente credo che l’intera denominazione stia crescendo. Il fermento dato dalla nascita di nuovi produttori e nuovi Trento Doc credo sia un indice della salubrità della denominazione. Trento Doc, un’opportunità per il vino trentino Sono veramente convinto e non lo dico solo per il mio ruolo, che il Trento Doc e la spumantistica di qualità sia un asset formidabile del vino trentino. E’ poi vero quello che lei dice, che la Franciacorta avendo puntato praticamente su un solo prodotto ha un’identità più precisa e definita nei confronti dei consumatori. Il Trentino produce tantissimi altri vini ed è più difficile far emergere un’identità del Trento Doc, anche se abbiamo il vantaggio di poter disporre di una base di uva Chardonnay vastissima e selezionata, perfetta per la spumantistica.
E poi qui in Trentino disponete di almeno tre mega impianti di spumantizzazione con i quali potreste spumantizzare l’intero metodo classico italiano per tre quattro volte… altro che i 25 milioni attuali, 70-80… Non lo sapevo, ma se lo dice lei ci credo.
Perché le grandi aziende cooperative trentine non credono più di tanto, i numeri lo attestano, nel Trento Doc? Per quanto riguarda Cavit, Altemasi è cresciuto del 29% a valore e noi abbiamo sostanzialmente raddoppiato il tiraggio negli ultimi tre anni, anche se la produzione di Charmat resta superiore. Gli obiettivi sono ambiziosi e noi stiamo investendo nella cantina del metodo classico per avere la possibilità di crescere ulteriormente. Ci credo perché abbiamo una quantità di materia prima di qualità indiscutibile a disposizione, perché la spumantistica, dati finanziari alla mano, dà un risultato economico, soddisfazioni e ricavi superiori a quelli dei vini tranquilli, è più remunerativo. Se guardiamo al mercato nazionale è meno vincolato dalla regionalizzazione. Vendere un vino trentino in Puglia non è semplice, vendere un Trento Doc è più agevole o meno difficile. Talento, un progetto in esaurimento Mi sembra che anche gli altri attori cooperativi stiano facendo altrettanto, da Cesarini Sforza a Rotari, con segnali chiari e forti che Talento andrà a perdere di peso.
Ma ha mai avuto peso? Ha ancora un senso? Quanti trentini hanno aderito al rinnovato progetto Talento? Insistere su Talento quando si ha il Trento Doc non contribuisce ad indebolire l’identità della denominazione? Sono assolutamente d’accordo, sostanzialmente è stata Rotari Mezzacorona il soggetto principale del tentativo di rilancio dell’operazione Talento. E’ evidente che lo sta abbandonando progressivamente e vedo anche in Consiglio una forte attenzione per il Trento Doc: sono convinto e lo dico anche in base a discussioni avute con Rigotti di Mezzacorona, che anche loro hanno capito questo e si concentreranno sul Trento Doc.
domani e mercoledì la seconda e terza parte dell’intervista