Una selezione che lascia perplessi Chi mi legge sa bene che non tendo a dare particolare importanza (eufemismo) alle guide dei vini. Ancora minor interesse suscita in me la pubblicazione in questo periodo settembrino degli elenchi dei vini che in base ai loro imperscrutabili disegni e alle loro “eno-sofie” le varie guide hanno deciso di premiare. Questo detto, devo dire di essere rimasto parecchio perplesso – e deluso – avendola considerata al suo apparire un possibile fattore di rinnovamento nel campo guidaiolo e non certo di conservazione, dalle scelte fatte dalla guida di Slow Food Slow Wine per l’edizione 2013 per quanto riguarda il mondo, articolato e complesso, dei metodo classico italiani. Che loro si ostinano a chiamare “spumanti”. Scelte comprese in un elenco, che potete consultare qui , che lascia molto a desiderare, a mio parere, e che appare frutto di una scelta, ovviamente risultato esclusivo delle degustazioni fatte “negli ultimi mesi” come dicono, che non brilla assolutamente né per originalità, né per completezza. Né tantomeno per coraggio e che appare molto tradizionale e conservativa e legata, soprattutto per quanto riguarda la Franciacorta ed il Trentino, a vecchi schemi. Come se negli ultimi dieci quindici anni nelle due più importati zone produttrici di metodo classico a denominazione d’origine non fosse accaduto nulla, come se i protagonisti, ottimi e rispettabili, fossero sempre gli stessi. E non fossero invece emersi, come sono saliti alla ribalta (difficile non accorgersene!) vari deuteragonisti, che rendono la scena in ognuna delle due zone molto più varia, articolata e interessante. Come “Grandi Vini” Slow Wine 2013 ha scelto i Franciacorta di tre Maison storiche, Bellavista, Cà del Bosco e Cavalleri, il Trento Doc Giulio Ferrari e passando all’Oltrepò Pavese un must come il Brut di Monsupello. Ancora più scarna la scelta per quanto riguarda i “Vini Slow”. Un solo Franciacorta, il Satèn di Barone Pizzini, e un outsider come Metodo Classico Grand Cuvée XXI Secolo 2007 della pugliese D’Araprì di San Severo in provincia di Foggia. E qui finiscono i metodo classico “top” premiati dalla guida di Slow Food. Nell’articolo già citato , vengono poi elencati altri vini emersi nelle degustazioni, ma il loro numero rimane esiguo. Sei Franciacorta, con alcune scelte francamente sorprendenti, 4 Trento Doc, tre Oltrepò Pavese metodo classico, 4 Alta Langa, due vini altoatesini, un friulano, tre veneti, un Verdicchio metodo classico e un discutibilissimo Extra Brut siciliano. Tutta qui “l’eccellenza” del metodo classico italiano secondo la severa (o poco informata?) guida dei vini di Slow Food?