Devo proprio mettere in preventivo di “risquer l’émerveillement ”, rischiare lo sbalordimento e la meraviglia, adottando lo slogan che questa Maison usa per definire l’esperienza che si fa con i propri Champagne, nell’approcciarmi alla verticale di ben quattro annate, 1990 e a seguire 1995, 1996, 1999, del mitico Nec Plus Ultra di Bruno Paillard , che avrò il privilegio di “vivere” a Milano tra qualche giorno. Cosa sia questo Champagne , prodotto con estrema, assoluta, certosina pazienza solo nelle annate grandissime, ho già cercato di raccontarlo, circa un anno fa, in questo post dedicato al millesimo 1996. Un unicum, ottenuto solamente con uve di cinque villaggi del totale dei 17 villaggi Grand Cru, in questo caso Cramant, Chouilly, Verzenay, Bouzy, Mesnil sur Oger, che forniscono il 50% di uve Chardonnay e di Pinot nero utilizzate per la cuvée. Il tutto con un solo obiettivo: “produrre il migliore Champagne possibile”. Utilizzando solo di uve di prima pigiatura, con fermentazione dei vini per 9 mesi in piccole botti, dosaggio ridotto al minimo. Riuscirò, una volta vissuta questa esperienza “eno-mistica”, a riavermi dall’estasi enoica per provare a raccontare le quattro annate di questo Champagne da leggenda?