So bene, come mi viene spesso rimproverato, amabilmente o meno, che il mio rapporto con il Prosecco, il popolarissimo vino veneto apprezzato in ogni sua forma, storica e nobile, oppure furbesca e meno nobile, nel mondo, non è di quei rapporti che si possono definire ideali. Di Prosecco, mi viene detto, scrivo quasi unicamente per raccontarne (e criticarne spesso) le vicende legislative, commerciali, legate alle sue multiformi denominazioni Doc e Docg, per accusare come ho fatto di recente, riferendo di un post che sin dal titolo, The rape of Veneto , ovvero lo stupro del Veneto, ha la forza di uno schiaffo, anche morale, i suoi protagonisti di averne svenduto la storia e l’identità inseguendo, senza alcuna progettualità, facili guadagni. E di Prosecco, intendo dire di vini, rarissimamente scrivo, non facendone oggetto di articoli come quelli che dedico su questo blog ai vari metodo classico italiani e stranieri.
I miei critici hanno totalmente ragione, ma cosa ci volete fare, non sono prevenuto, ma è pura questione di gusto, ed il mio gusto, così come non riesce assolutamente a digerire i vini barricati o le marmellate in forma di vino, diciamo che non si trova a suo agio con larghissima parte dei Prosecco. Siano quelli della storica e autentica denominazione Docg, Conegliano Valdobbiadene, o Asolo, o, cosa ancora più difficile con quelli della Doc super allargata, ormai non più solo veneta ma del Friuli Venezia Giulia, Prosecco.
Pertanto, come è chiaro a chiunque lo visiti, questo blog non è di grande utilità a coloro che si attendano consigli e indicazioni su quale Prosecco piuttosto che un altro scegliere. Ripromettendomi di provare a cambiare (un po’) le cose in questo 2013, voglio ora proporvi un Prosecco di cui avevo già scritto, su Vino al vino, qui, nel 2008 .
Ma poiché sono “bastardo”, dentro e fuori, non ho puntato su un vero Prosecco, bensì sul vino di una tipologia, l’Extra Brut , non consentita dal disciplinare di produzione del Prosecco Doc, e che costringe il produttore, che pur lavora su uve poste nell’area di collinare della storica frazione di San Pietro di Barbozza, a non poter usare in etichetta il nome Prosecco, bensi la semplice dizione di “Vino spumante ottenuto dalle uve delle nostre colline”.
Il vino in oggetto è una bizzarra, e riuscitissima, creatura di Paolo Bisol , patron di quell’azienda, Ruggeri a Valdobbiadene, che fa parte della crème de la crème prosecchistica. Un personaggio che sicuramente non ama la routine ma preferisce mettersi continuamente alla prova e tentare nuove sfide. Glera in purezza la base, uve raccolte nella seconda metà di settembre, vinificazione con sosta sui lieviti di tre mesi e lo status, un po’ apolide per certi versi, di Extra Brut , con soltanto 4,5 grammi per litro di zucchero residuo. Tale da renderlo al mio palato che non ama le morbidi dolcezze aromatiche anche dei migliori Prosecco, decisamente più appetibile e stuzzicante.
Quattro anni fa avevo descritto così la bottiglia, annata 2007, che avevo degustato: “si propone con un bel perlage sottile e continuo, un colore paglierino brillante luminoso vivacissimo, un naso sottile, preciso, incisivo, nervoso, con una bella interazione tra gli aspetti floreali (netti il mughetto ed il fior d’arancio e più sfumato il gelsomino) e le note sapido-minerali e la leggermente dolce (ma appena accennata!) nota aromatica. In bocca il vino conferma la propria dimensione salata, incisiva, asciutta, ben secca, diretta, la sua verticalità esaltata e scandita da un’acidità vibrante, la sua elegante piacevolezza, il nerbo preciso quasi da metodo classico, la grande pulizia e l’assoluta piacevolezza, il suo carattere “croccante” e alieno da ogni ruffianeria, un “Prosecco” non Prosecco, anti-ruffiano, essenziale, secco, perfetto per tutti coloro che, come me, da una bottiglia di bollicine si attendono più “schiaffi” che carezze e coccole”.
Il mio assaggio di oggi, del vino di annata 2011, redatte senza rileggere quanto scritto illo tempore, conferma la piena soddisfazione per il vino, con questa descrizione: paglierino brillante luminoso, direi squillante, perlage molto sottile e continuo, naso molto elegante, vivo e fresco, salato, di notevole eleganza e incisività, con note di fiori bianchi in evidenza, una leggera vena agrumata, una bella finezza soffice con leggera dolcezza aromatica che non stanca.
Attacco in bocca deciso e ben secco, incisivo, con una bella progressione e una nitida vena verticale, non ha grande ampiezza ma è molto bilanciato, pulito, piacevole con una bella croccantezza e una vena leggermente amara di mandorla sul finale che lo fa molto apprezzare.
Un Extra Brut di nerbo essenziale, con una grande pulizia e una tecnica impeccabile, con precisa vena minerale, acidità importante, ma bilanciata. Se siete come me degli amanti, un po’ tiepidi, del Prosecco, e tendete a bere più frequentemente metodo classico, e magari volete sorprendere i vostri amici proponendo loro un “Prosecco” inconsueto, sicuramente un vino con cui non sbaglierete di certo.
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Attenzione! non dimenticate di leggere anche Vino al vino
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