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Riflessioni a margine di una degustazione di 70 campioni di questa tipologia
Buone notizie per gli appassionati (quorum ego) dei Franciacorta Docg e di quella particolare tipologia, che sta incontrando un crescente successo e sta diventando un po’ il segno distintivo dell’intraprendente zona vinicola bresciana, che corrisponde al nome di Satèn .
A differenza da qualche anno fa, dove nel “contenitore Satèn” si potevano trovare le interpretazioni e le stilistiche più eterogenee, prive di un qualsivoglia filo conduttore comune, varianti dallo “spumante ” senza pretese super morbidone e dolcione quasi proseccheggiante alla super riserva fermentata e affinata in legno e da questo legno, spesso in eccesso, bloccata e resa scarsamente piacevole, oggi i produttori franciacortini si può dire abbiano affinato, o lo stiano progressivamente e consapevolmente facendo, uno “stile Satèn ” molto più coerente.
Privo di eccessi, all’insegna, come la tipologia consente e prevede, di una maggiore morbidezza e cremosità, di una consistenza meno aggressiva delle “bollicine”, di una maggiore facilità di approccio, sicuramente rispetto ad un Extra Brut o ad un Dosaggio Zero, soprattutto per i bevitori con minore esperienza. O che si sono avvicinati al metodo classico da poco.
Posso sbilanciarmi a fare questa dichiarazione a favore del Satèn, tipologia che come ho più volte scritto in passato non mi aveva particolarmente entusiasmato proprio a causa della sua scoperta interpretazione mutevole da azienda ad azienda, fresco reduce come sono da una mega-degustazione di 75 campioni proprio di Satèn , una quarantina non millesimati ed il resto di annate varianti dal 2009 al 2008 al 2007 (e qualche campione di annate 2005-2004-2003), che mi è stata molto cortesemente organizzata dal Consorzio Franciacorta .
Una degustazione, nel corso della quale sono stato assistito dalla responsabile dell’Ufficio tecnico del Consorzio, Monica Faccincani, che colgo l’occasione per ringraziare, che mi ha permesso di cogliere un livello generale davvero notevole (a qualcosa come ben 52 vini ho attribuito una valutazione che va dalle tre stelle e mezza alle 4, con un paio di 4.5) e soprattutto la quasi totale scomparsa di quegli elementi deteriori, dovuti ad una scoperta volontà di piacere e compiacere oppure di forzare la mano e ricercare chissà quali improbabili extra dimensioni, che in passato mi avevano indotto a nutrire parecchie perplessità sul Satèn.
La piacevolezza, l’equilibrio, la morbidezza, una rotondità cremosa e non aggressiva che sembra voler accarezzare il palato sono rimasti una caratteristica, un segno distintivo, di molti vini, ma non diventano quasi mai un elemento fine a se stesso o paradossale, ma sono quasi sempre abbinati a freschezza e ricchezza di nerbo, buona progressione ed energia.
L’altro aspetto interessante della mia degustazione, abbinato, lo ripeto, ad un livello generale veramente notevole e ben superiore alle mie aspettative, è che accanto a nomi noti e classici della tipologia quali Cà del Bosco, Bellavista, Il Mosnel, Antica Fratta, Barone Pizzini, Monte Rossa, Le Marchesine, Enrico Gatti, Vezzoli, Camossi, nel mio assaggio sono emersi, con eccellenti prove, diversi nomi meno noti, che hanno dimostrato la vitalità di una scena franciacortina con sempre nuovi protagonisti, rivelazioni e outsider. Tra i non millesimati voglio citare i vini di Abrami Elisabetta, Al Rocol, Chiara Ziliani, Castel Faglia, Clarabella, La Fioca, La Fiorita, La Riccafana, Lantieri De Paratico, Le Cantorie, Le Quattro Terre, Lo Sparviere, Marzaghe, Plozza, Santus, Tenuta Ambrosini.
E tra i millesimati ancora Chiara Ziliani e La Riccafana, poi Corte Bianca, Franca Contea, Monzio Compagnoni, Majolini, Contadi Castaldi, Vigne Note, Quadra, Vigna Dorata, Villa Crespia Muratori.
Voglio poi citare la prova, particolarmente sorprendente, di un vino che alla sua uscita, oltre due anni orsono, non mi aveva entusiasmato, tanto che gli avevo preferito il Brut della stessa linea , parlo del Franciacorta Satèn Palazzo Lana riserva 2004 della Guido Berlucchi, cesellato dalla sapienza di enologo di Arturo Ziliani (inutile dirlo nessuna mia parentela né con questo ramo della famiglia Ziliani né con Chiara Ziliani ) che degustato oggi mi è sembrato in splendida forma, sorprendentemente vivo e fresco, di grande complessità aromatica e fragranza, dotato di grande integrità al gusto, sapido e nervoso, con una materia ricca giocata su leggerezza e dinamismo e gran nerbo, con note fresche balsamiche mentolate, un finale lungo e pulito e una notevole cremosità che solletica il palato. Un Satèn di gran classe, degustato dopo oltre settanta, che mi ha consentito di chiudere davvero in bellezza questa mia interessantissima e rivelatoria maxi degustazione.
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