Uno dei grandi motivi di interesse della Franciacorta è dato anche dal continuo affacciarsi al proscenio di nuovi protagonisti che compongono uno scenario (106 le aziende che imbottigliano) in continuo divenire, variegato e dinamico come in pochissime altre zone produttive italiane.
Tanti i vini che vale dunque la pena di conoscere, degustare, mettere alla prova, e molte le aziende che si propongono all’attenzione dei consumatori, eppure, anche in una situazione che non è mai bloccata quando si riflette bene alcune aziende per storia, lunga esperienza, consolidato savoir faire e per molti altri motivi fanno la differenza e rappresentano dei punti benchmark, dai punti di riferimento e caposaldi. E diventano dei classici. E una di queste, indiscutibilmente, da qualsiasi angolazione la si giudichi, è la Ca’ del Bosco di Erbusco.
Inutile, in questa sede, ricostruirne il percorso che s’intreccia inscindibilmente con quello, umano, professionale ed esistenziale, del suo deus ex machina e genius loci, il mio coetaneo Maurizio Zanella .
E inutile mettere benzina sul fuoco parlando del Franciacorta base dell’azienda, la Cuvée Prestige , che, basta nominarla, su questo blog scatena immediatamente tenaci detrattori dimentichi del fatto che nessun’altra azienda in terra franciacortina (Guido Berlucchi a parte, che è un altro caso che devo per forza prendere con le pinze altrimenti gli enotalebani insorgono) riesce a produrre un quantitativo così importante di bottiglie di una qualità standard così elevata.
Oggi, prendendo lo spunto da un triplice assaggio, a metà ottobre in cantina con Tom Stevenson, poi un paio di giorni dopo in degustazione alla cieca ancora con il collega britannico, quindi in una mia degustazione privata, voglio essere eno-banale e tessere le lodi come ho già fatto molte altre volte e attribuire la valutazione massima alla Cuvée che io considero il top della produzione di questa Maison erbuschese.
Parlo del Franciacorta millesimato Dosage Zero , ribattezzato un anno orsono , quando cambiò veste e venne sottoposto a restyling di bottiglia ed etichetta, Vintage collection Dosage Zero . Un vino paradigmatico, imprescindibile, che a volte, come è accaduto nel caso del millesimo 2008, riesce ad essere superato, in bontà, dai “fratelli” millesimati Brut e Satèn. Un capolavoro, opera di uno staff aziendale impeccabile dove brilla per professionalità e modestia l’enologo Stefano Capelli, dal 1990 responsabile della cantina, un vino che, uscita dopo uscita, è diventato il Dosaggio zero di riferimento della denominazione.
Il Dosage Zero era già a mio avviso perfetto (basta riassaggiare oggi il 2008 per rimanere basiti da cotanta grandezza), ma con il millesimo 2009, che è da poco in commercio, in circa 25 mila esemplari, ha fatto un ulteriore salto di qualità. Per due motivi, uno legato al valore assoluto dell’annata, il 2009, anno in cui il Consorzio per la tutela del Franciacorta decise di chiedere alla Regione Lombardia una riduzione della produzione d’uva da 100 quintali per ettaro, produzione massima consentita dal Disciplinare di produzione, a 95 quintali per ettaro, azione decisa “per garantire gli elevati standard qualitativi che ogni anno contraddistinguono le produzioni di uva in Franciacorta”.
Il secondo motivo lo definirei tecnico-enologico dovuto alle innovazioni introdotte a partire dalla vendemmia 2008 e diventate ancora più decisive con la successiva, che Cà del Bosco spiegò così: “ci siamo resi conto che buona parte dei problemi delle prime fasi della vinificazione derivano banalmente dalle impurità presenti sull’uva raccolta. Come su tutta la frutta, sull’acino, quindi nel vino, sono presenti moltissime sostanze più o meno nocive, anche di origine naturale.
Prima di tutto le micotossine, prodotte da funghi parassiti che possono costituire la microflora delle uve in raccolta. Paradossalmente, le uve coltivate secondo il metodo biologico sono le più esposte a questo rischio. Sulle bucce dell’uva si possono inoltre trovare, anche se in dosi infinitesimali, gli agenti inquinanti presenti nell’ambiente. Ovviamente, sull’uva, rimangono anche residui dei prodotti antiparassitari. Nell’acino, nel mosto, nelle fecce, nelle vinacce. E nel vino.
Questa concentrazione, più o meno elevata, di sostanze indesiderate è riducibile con il lavaggio delle uve. Dopo la raccolta a mano e il raffreddamento in cella, le nostre cassette d’uva vengono rovesciate delicatamente. Ha poi luogo una cernita manuale di tutti i grappoli, per togliere tutto quello che non merita di diventare mosto. A questo punto inizia il lavaggio delle uve. Un percorso di tre vasche di ammollo, che prevede il movimento e il galleggiamento dei grappoli per borbottaggio d’aria e, infine, l’asciugatura, affinché il mosto non risulti diluito”.
Come alla Maison di Erbusco dicono in maniera suggestiva “lo possiamo definire un vero e proprio idromassaggio dell’uva, in tre fasi. Una specie di Spa del grappolo: le nostre terme degli acini . Sembra una sciocchezza. Non lo è. Ca’ del Bosco ha investito decisamente, oltre un milione di euro, su questo complesso sistema, perché “ha a cuore un vino sano e di qualità. Ottenendo con il suo “Idromassaggio dei grappoli ” vantaggi evidenti se solo si pensa alla facilitazione del metabolismo fermentativo dei lieviti: quindi niente profumi “ridotti”, niente sfumature inespresse. Da oggi i nostri vini sono più belli. Più buoni. Più digeribili. E, grazie proprio alla tecnologia, più naturali”.
Come mi raccontava recentemente Stefano Capelli , con questo lavaggio abbassiamo i residui: tutti i composti x combattere i funghi nel vigneto vanno via e i lieviti lavorano meglio i lieviti partono prima e meglio. Con queste fermentazioni gli aromi sono diversi, il profilo aromatico differente, profumi più puliti e puri.
Il Vintage Collection Dosage Zéro non ha alcuna aggiunta di liqueur d’expédition (sciroppo di dosaggio aggiunto in minima quantità negli altri Franciacorta durante la fase di dégorgement). Il risultato è un “Franciacorta puro, sincero, frutto della migliore espressione di uno straordinario terroir e dell’uomo che ne ha intuito il carattere e le potenzialità. Destinato a quel pubblico di conoscitori che amano questo stile. Eccellente aperitivo, ottimo per accompagnare frutti di mare e pesce crudo”.
La Cuvée nel caso del 2009 è composta da un 65% di Chardonnay, 13% di Pinot bianco e 22% di Pinot nero, raccolte nella seconda decade di agosto da “19 vigne a Chardonnay, dall’età media di 29 anni, ubicate nei Comuni di Erbusco, Adro, Cazzago San Martino, Corte Franca e Passirano. 2 vigne a Pinot Bianco, dall’età media di 22 anni, ubicate nel Comune di Passirano 4 vigne a Pinot Nero, dall’età media di 21 anni, ubicate nei Comuni di Erbusco e Passirano”. 8.400 kilogrammi di uva, equivalenti a 3.600 litri di vino (resa in vino: 43%).
Quanto al protocollo di produzione, voglio citare testualmente quanto si legge nella scheda tecnica del vino: “Le uve, appena raccolte a mano in piccole cassette, vengono classificate e raffreddate. Ogni grappolo viene selezionato da occhi e mani esperte, per poi beneficiare di esclusive “terme degli acini”. Un particolare sistema di lavaggio e idromassaggio dei grappoli, tramite tre vasche di ammollo e un tunnel di asciugatura. Dopo la pigiatura in assenza di ossigeno, tutti i mosti dei vini base fermentano in piccole botti di rovere. Per ricercare la massima complessità aromatica e potenza espressiva, senza perdere eleganza, l’élevage in botte ha una durata di soli 5 mesi.
Una coppia di serbatoi volanti permette il travaso dei vini per gravità, dalle piccole botti ai serbatoi di affinamento. Trascorsi 8 mesi dalla vendemmia si procede alle creazione della cuvée. Il dégorgement avviene in assenza di ossigeno, utilizzando un sistema unico al mondo, ideato e brevettato da Ca’ del Bosco. Questo evita shock ossidativi e ulteriori aggiunte di solfiti, rendendo i nostri Franciacorta più puri, più gradevoli e più longevi”.
Vanno poi citati, richiamati anche in contro etichetta, alcuni dati di fondamentale importanza: anidride Solforosa totale inferiore a 50 milligrammi/litro (limite legale massimo: 185 milligrammi/litro) e per i più pignoli i dati tecnici: Alcool: 12,5% Vol; pH: 3,02; Acidità Totale: 6,35 grammi/litro; Acidità Volatile: 0,34 grammi/litro.
Tutto questo lavoro certosino si traduce in un vino che ogni volte che lo bevo mi fa benedire la sorte che mi ha fatto nascere cultore di Bacco e non astemio. Colore paglierino oro brillante, perlage sottile e continuo, naso elegantissimo per finezza di definizione e freschezza con una bella vena minerale iodata, toni floreali di pesca bianca e fiori d’arancio, accenni di frutta esotica, frutta secca, fieno, pesca noce, mandorle e accenni di miele.
La bocca è larga, piena, di grande soddisfazione, senza spigoli, di magnifica freschezza e perfetto bilanciamento, avvolgente, cremosa di grande energia e nerbo preciso, ha continuità equilibrio e piacevolezza, ed il finale, all’insegna di una straordinaria freschezza, è lungo largo avvolgente di grande intensità. Standing ovation, chapeau, prosit, orejas y musica, na zdrowie!
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