E’ paradossale la situazione che si registra oggi nel variegato panorama del metodo classico italiano dove tutti, a parole, dicono di voler produrre più Rosé , assecondando un trend (speriamo non sia una moda) favorevole ai rosati che tocca sia “bollicine” che vini fermi. Che bello il Rosé, evviva il Rosé, forza mettiamoci a fare Rosé, peccato che dell’uva indispensabile per produrre questa speciale tipologia di vini, Monsieur le Pinot noir , ce ne sia pochina.
I numeri ci dicono difatti che in Franciacorta, dove per produrre un Franciacorta Rosé basta peraltro un magro 25% di Pinot nero, questa nobile varietà borgognona può contare solo su 396 ettari sui 2746 complessivi della denominazione. In Trentino, patria del Trento Doc , a fronte di 2865 ettari di Chardonnay (dati 2011) sono solo 250 ettari scarsi quelli di Pinot nero.
E in Oltrepò Pavese…
Uva di cui ci sarebbe abbondanza nella terza storica zona del metodo classico italico, l’Oltrepò Pavese , dove il Pinot nero è dominante e dispone di 3000 ettari, ma dove la produzione di Rosé (o Cruasé) è ancora molto limitata, nell’ordine di qualche centinaia di migliaia (valutazione per eccesso) di pezzi. Inoltre larga parte del Pinot nero non va destinato a “méthode champenoise ” bensì a meno poetici Pinot nero vinificati in bianco frizzanti, e mentre la produzione di metodo classico viaggio intorno ai tre milioni di esemplari, la larghissima maggioranza, 2,7 milioni di bottiglie, portano in etichetta la semplice dicitura VSQ e solo 300 mila esemplari rivendicano la Docg.
Se mi consentite una battuta, che tale è e intende essere, il problema della penuria di Pinot nero e dell’oggettiva impossibilità per Trentino e Franciacorta di produrre più Rosé dell’attuale potrebbe essere risolta applicando un’antica ricetta, quella utilizzata con clamoroso successo dalla Guido Berlucchi (prima della totale riconversione franciacortina) realizzando cuvée a base di Pinot nero oltrepadano e di Chardonnay trentino e franciacortista. Poiché questa cosa non è possibile, a meno di non voler produrre nuovamente un VSQ senza denominazione d’origine, rassegniamoci ad avere pochi Rosé con le bollicine.
Pochi ma buoni, a saperli cercare ci sono
Pochi, però buoni, in giro tra le varie Doc e Docg (c’è anche l’Alta Langa) bollicinare ci sono, basta saperli pensare. Uno di questi é opera di un produttore roveretano che è stato anche presidente dell’Associazione dei Vignaioli del Trentino , Nicola Balter , proprietario di un’azienda agricola di dieci ettari in un unico accorpamento posta sulla sommità di una collina a 350 metri di altezza sopra Rovereto, con una splendida vista sulla Vallagarina. Azienda familiare creata da Francesco Balter nel 1872 e dal 1990 condotta da Nicola e Barbara Balter.
Una cantina che oggi produce, oltre ad una vasta gamma di apprezzati vini fermi, qualcosa come 35 mila bottiglie di Trento Doc, suddivise in tre tipologie: Brut, che si affina tre anni sui lieviti, Brut riserva, affinamento fino a sette anni, e Rosé.
Non date retta a quello che erroneamente viene scritto nella scheda che appare sul sito Internet , l’affinamento è di 30 non di 8 mesi (il periodo minimo di affinamento per un Trento Doc previsto dal disciplinare è di 15 mesi) per il resto si tratta di un Rosé da Pinot nero in purezza provenienti da vigneti aziendali “Campo n°11”, allevati a Guyot e cordone speronato, posti su terreno di origine morenica con presenza di scheletro e rocce calcaree. La fermentazione delle uve avviene fermentazione parte in acciaio, parte in piccole botti di rovere ed il dosaggio degli zuccheri è di sei grammi litro.
Da un campione con sboccatura 2013, non millesimato, ho ottenuto queste impressioni: colore splendido, un rosa antico, melograno scarico, di bella e misteriosa brillantezza con leggere nuance granate. Naso di buona freschezza e consistenza, una leggera nota di rosa, pompelmo rosa, ribes più che lampone e fragola di bosco e una buona componente sapida.
Bocca succosa, fresca, con una certa vivacità, ma tende ad autocompiacersi in una dolcezza fruttosa che gli toglie un filo di nerbo e scatto e freschezza, anche se il vino ha una buona struttura e si fa bere bene con piacevolezza.
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