Vale la pena ripescare e rileggere questo post di qualche anno fa del bravo sommelier campano Angelo Di Costanzo , pubblicato sul suo blog L’Arcante , diario enogastronomico di un sommelier, per capire, alla faccia di quelli che si ostinano ancora a ciarlare di “spumante italiano” che supera ogni record e scrivono che “Prosecco batte Champagne” (sicuramente nella “gara” dove viene premiato il prezzo più basso) per capire come la differenza, nelle “bollicine”, la si veda anche nelle bollicine stesse. Che possono essere “bollicine abbastanza intense ma grossolane”, “bollicine fini ma poco persistenti”, e “bollicine fini e persistenti”.
Nella categoria delle prime, secondo Di Costanzo, rientrebbero “il pignoletto frizzante emiliano, il muller thurgau o lo chardonnay della Valdadige. Vini piacevoli, in certe stagioni dell’anno, vedi l’estate quando appaiono ideali, ma non certo caratterizzati da bollicine di particolare pregio e finezza”.
La seconda, quella delle “Bollicine fini ma poco persistenti ” è una delle caratteristiche più comuni di vini spumanti prodotti con Metodo Martinotti (o Charmat lungo) o Metodo Marone-Cinzano, con uve particolarmente vocate e vinificate con la giusta attenzione e spumantizzazione”, ovvero di Asti, Prosecco e Müller Thurgau trentini spumantizzati.
E infine “Bollicine fini e persistenti , è questo il marchio di fabbrica dei grandi spumanti italiani e dei migliori Champagne delle più prestigiose maisons , quando per spumanti italiani s’intendono quelli che hanno una storia, una tradizione, una cultura propria e tipica di denominazioni, per esempio, come Trento o Franciacorta , tradotte spesso, più semplicisticamente, come metodo classico e basta”.
Provate a fare una prova, prendete una bottiglia di ognuno dei tre tipi di vino, versateli nello stesso tipo di bicchiere e confrontate “bulles”, burbujas e bubbles. Sarà una riprova, visiva, che si tratta di vini profondamente differenti. E questo senza considerare le differenze sostanziali che riguardano il tipo di uve utilizzate, la tecnica di produzione ed i tempi di affinamento, i costi di produzione, le caratteristiche gustative, la modalità di utilizzo a tavola. Ed il prezzo.
E voi, professionisti della disinformazione e della propaganda, volete ancora metterli insieme senza distinzioni chiamandoli banalmente “spumanti ”?
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