Un intervento di Paolo Dorigati, produttore del Methius
Incredibile ma vero, caro amico Cosimo Piovasco di Rondò , deus ex machina di quel blog, Trentino wine blog , che come ho già scritto se non esistesse bisognerebbe inventarlo e che informa puntualmente, facendo vera informazione e contro-informazione, sull’andamento delle cose del variegato mondo del vino della provincia di Trento.
I produttori trentini ci seguono, cosa di cui ero sicuro, e finalmente, per ora su questo blog, e penso che dovrebbero farlo anche sul tuo, magari commentando queste tue riflessioni sui numeri del Trento Doc , finalmente intervengono e fanno sentire la loro.
E’ questo il caso, forse perché è giovane beato lui, classe 1987 (più giovane di mia figlia), e magari un po’ incosciente (ma cossa ti ga fato gli diranno magari, non si parla con quello Ziliani…) di Paolo Dorigati , figlio del grande Carlo , indimenticabile conduttore dell’azienda vinicola F.lli Dorigati , da cinque generazioni attiva in quel di Mezzocorona, terra di Teroldego e di altri ottimi vini, che oggi lo zio Franco ed il cugino Michele conduce l’azienda, che ha come fiore all’occhiello il Trento Doc Brut riserva Methius , di cui ho scritto qualche mese fa .
Paolo Dorigati mi ha inviato via mail queste riflessioni, che gli ho chiesto di poter mettere a disposizione dei lettori di Lemillebolleblog e che spero favoriscano l’intervento, sul tema “spumanti”, pardon, Trento Doc di montagna , di altri protagonisti della scena trentodocchista.
Non conosco personalmente Paolo Dorigati, ma mi complimento per la lucidità del suo intervento, che non oso contestare, anche se il palato mi dice che larga parte dei Trento Doc che più mi piacciono, tipo quello strepitoso di Maso Michei , vengono da vigne di alta collina, quelli superiori ai 400-500 metri, e spero di poter salire presto nella sua cantina per stringergli la mano e continuare, con spirito costruttivo, non sono certo un “nemico del Trentino”, altrimenti non scriverei così spesso di vini della sua terra, la discussione. Buona lettura!
“Ciao Franco, mi permetto di darti del tu perché a forza di leggere i tuoi articoli mi pare di conoscerti. Detto ciò, volevo commentarti un tuo articolo apparso sulle Mille Bolle Blog, quello su “Trento Doc “spumante di montagna” ma i vigneti di pianura dove li lasciamo? ”. Io non voglio giudicare i tuoi articoli e tanto meno le tue prese di posizione, in quanto voglio credere che siano sempre oggettive. Ma volevo condividere con te un mio pensiero tecnico sulla produzione dello Chardonnay Trentino e sulle sue aree di produzione.
Tralasciamo i vigneti di collina (intesi per me sopra i 300/350 m), e parliamo di quelli di valle. In Trentino la valle dell’Adige (immagino sia quella da te incriminata) si dilunga da nord a sud, e per tutto il suo percorso è costeggiata da montagne, montagne anche molto alte…non i 600 metri di cui parlava Holzer in uno dei commenti, ma dai 2100 della Paganella, ai 1800 di Cima Roccapiana, ai 2000 della Vigolana, ecc…. Tutti questi massicci rocciosi influiscono moltissimo sulle condizioni climatiche del fondovalle. Basti pensare agli sbalzi termici dovuti all’inversione termica diurna notturna.
Le caratteristiche mesoclimatiche di un fondovalle sono molto più complesse e me ne rendo conto, ma imparagonabili del tutto a qualsiasi valle a pari altitudine nel resto d’Italia (almeno che non sia simile per le condizioni precedentemente specificate). Insomma, dal fondovalle le montagne non solo si vedono (anche da Venezia si vedono le Dolomiti), ma si toccano.
L’altro giorno qui a Mezzocorona (219 metri di altezza) è caduta una frana dall’adiacente Monte di Mezzocorona, arrivando quasi in paese. Insomma, la presenza della montagna influisce molto sul fondovalle, in tutti i sensi.
E’ per questo che ritengo corretto definire Chardonnay di montagna anche quello di fondovalle. Possiamo poi discutere sulle differenze di qualità, quello si. Ma da un punto di vista promozionale non vi è alcun inganno. Anzi. Ti dirò di più. A mio modesto parere se il fondovalle un limite lo deve avere, non è certo il clima, ma invece lo sono i terreni. L’asta dell’Adige da Roverè della Luna a Borghetto si caratterizza per diversi terreni con peculiarità e predisposizioni diverse. In alcuni è bene coltivare la vite in altri meglio coltivare mele. Ma questo a parer mio è un altro discorso che non può generalizzare la quota e le produzioni spumantistiche. Quindi sicuramente in Trentino vi sono vigneti coltivati a Chardonnay in zone non ideali o non ottimali…ma il limite non consiste nella sola quota altimetrica.
Se un giorno passi in Trentino mi piacerebbe portarti in un paio di vigneti nel fondovalle per farti vedere quello che ti ho spiegato. Preciso che questa è la mia opinione, ma parlo con una certa sicurezza, coltivando io stesso dei vigneti di Chardonnay a 260 m, in terreni eccezionali, con risultati ottimi.
Basti pensare all’annata 2013. E’ stata un’annata molto posticipata, che ha ritardato di molto le maturazioni, portando l’epoca di raccolta in un periodo decisamente più freddo. Mediamente le basi spumante dal fondovalle sono state raccolte nella seconda metà di settembre (15/20 giorni dopo le date degli ultimi anni), dando da un punto di vista aromatico grandi risultati.
Sarei felice di sentire una tua opinione, sapendo che non conta in questo nostro scambio di opinioni tanto l’aspetto tecnico, quanto invece la coerenza di una promozione territoriale e di conseguenza una coerenza qualitativa. Se alcuni Trento non ti sono piaciuti a mio parere non è certo colpa della quota…ma invece di altri fattori come l’eccessiva produttività dei vigneti per esempio. Questo è un argomento complesso, e quindi piacevole da discutere. A presto”
Paolo Dorigati Azienda vinicola F.lli Dorigati Mezzocorona
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