A proposito di una provocazione intellettuale di Terra uomo cielo
Ho letto solo ieri con clamoroso ritardo sul sempre vivace blog Terra uomo cielo due post, che potete leggere qui e poi ancora qui , che presentano una proposta intellettualmente molto stimolante e non priva di un suo fascino, ovvero di riportare il nome del Comune e della sottozona sulle etichette dei Franciacorta .
Conosco bene il responsabile di questa idea, Giovanni Arcari , e sono persuaso che si tratti di una proposta intellettualmente onesta, di cui l’autore è profondamente convinto e non di una provocazione buttata lì tanto per fare rumore. Arcari articola la propria proposta sostenendo che “introdurre innanzitutto una sorta di denominazione comunale da apporre in etichetta, è un modo concreto di esprimere le oggettive differenze che compongono la Franciacorta”.
E pensa che sia “necessario farlo con un livello di attenzione maggiore partendo da una lavorazione più restrittiva e che si misuri in ettolitri prodotti e non in quintali di uva per ettaro” e che “introdurre anche il nome di una sottozona (il cru per intenderci) comporterebbe un’ulteriore restrizione portando la capacità produttiva a 40 ettolitri per ettaro” contro i 60 dell’attuale disciplinare.
Intellettualmente, dal punto di vista prettamente culturale, di quell’auspicabile differenziazione – valorizzazione del territorio franciacortino che avrebbe dovuto avere come piattaforma e base di lancio la pioneristica zonazione fatta ormai tanti anni orsono, e rimasta in larga parte una bellissima operazione di stampo conoscitivo e culturale, dovrei assolutamente sostenere questa idea dell’inserimento in etichetta (o retroetichetta?) di elementi informativi e qualificanti come il nome del comune da cui provengono le uve utilizzate e l’eventuale sottozona e cru.
Però dal punto di vista puramente pratico, dell’attuabilità concreta dell’idea, della sua utilità in questo momento, sono necessariamente più le perplessità che gli elementi favorevoli.
Anche a me piacerebbe che quanto accade normalmente in una meravigliosa terra da vino come la Langa del Barolo, dove ad esempio troviamo rivendicato in etichetta il nome di Serralunga d’Alba per i Barolo da vigneti situati tutti in quel comune e poi il nome di singoli vigneti come Vigna Rionda, Falletto, Gabutti, Parafada ecc., potesse essere trasposto e applicato anche in Franciacorta. Ma la situazione è profondamente diversa.
In Langa è prassi comune vinificare separatamente per singolo vigneto e rivendicarne orgogliosamente in etichetta il nome. Nella zona vinicola bresciana, se si fa eccezione per una serie di aziende, ne cito una su tutte, la più emblematica anche dal punto di vista nominale, Derbusco Cives, che hanno vigneti esclusivamente nel territorio di Erbusco la stragrande maggioranza delle aziende producono cuvée con uve da vigneti posti in diversi comuni.
E quindi quel modo di rivendicare le diversità territoriali (e non stiamo parlando di gerarchie o di classificazioni stile Champagne che stabiliscono che un villaggio è più titolato dell’altro) cui l’autore guarda con grande favore verrebbe a riguardare solo una minoranza di aziende e avrebbe una portata comunicativa molto ridotta.
So benissimo anch’io che non tutte le zone della Franciacorta sono uguali, che ci sono anche caratteristiche geologiche diverse ed era per quello che circa due anni fa, per rivendicarne la peculiarità, avevo chiesto ai produttori dell’area del Monte Orfano di dare un segnale esterno della loro differenza.
Ma un conto era la mia proposta, più di carattere comunicativo che normativo, e un conto è prendere una decisione, intellettualmente stimolante e raffinata, che al momento attuale riguarda solo una minoranza dei diretti protagonisti, i produttori. Quante sarebbero difatti, erbuschesi che vinificano solo uve di Erbusco a parte e pochissime altre eccezioni, le aziende che potrebbero applicare la proposta di Terra uomo cielo? Una ristretta, fortemente consapevole e dotata di un forte orgoglio municipale, minoranza. Rispettabilissima, ma sempre minoranza. Ed è pertanto molto difficile che una misura avvertita come utile e qualificante da una minoranza possa essere fatta propria e approvata da una maggioranza.
A Giovanni Arcari piace sognare osservando che “pensare a un Franciacorta di Erbusco nella zona del monte vicino il cimitero, oppure di Gussago con la Cudola, o di Coccaglio e Cologne con il Montorfano, o ancora Passirano con le vigne ai piedi di Monterotondo, le prealpi “verticali” di Monticelli, mi sembra il modo migliore per comprendere questo territorio e per conferirgli il valore che merita”, ma pur bellissimi, e legittimi, questi mi sembrano soprattutto voli pindarici. Nobilissime dissertazioni di carattere accademico.
Inoltre, poiché ogni scelta deve avere un’implicazione anche dal punto di vista della comunicazione, del segno che lascia, del messaggio che trasmette, siamo proprio sicuri che il consumatore di Franciacorta attuale quello italiano e quegli esteri sul quale si dichiara di voler puntare sempre di più, sarebbe maggiormente stimolato se si trovasse magicamente in etichetta, accanto al nome della denominazione, anche i nomi di villaggi come Erbusco, Adro, Monticelli Brusati, Ome, Bornato, Provaglio d’Iseo, Camignone di Passirano, eccetera?
Quale elemento conoscitivo in più trarrebbe da queste indicazioni? Ricaverebbe un’impressione di maggiore serietà e rigore oppure sarebbe necessariamente portato a chiedersi il perché di queste indicazioni e se esistono differenze tra i Franciacorta dei diversi villaggi, differenze che, magari, giustificherebbero l’applicazione del sistema champenoise della classificazione dei villaggi e la loro suddivisione in Grand Cru, Premier Cru e Deuxième Cru?
E’ bello sognare, fare della filosofia applicata al vino, ma credo che per il momento quella di Giovanni Arcari debba rimanere solo una stuzzicante esercitazione intellettuale e un qualcosa che ben difficilmente potrebbe essere concretamente portato alla discussione dei soci del Consorzio. Se si vogliono dare informazioni aggiuntive sull’origine delle uve al consumatore si può sempre, come già fanno molti, utilizzare lo spazio in retroetichetta, oppure le schede tecniche dei siti Internet aziendali. Non complichiamo la comprensione e la comunicazione della Franciacorta e dei Franciacorta, non è questo il tempo delle fantasticherie e delle utopie…