Per la Franciacorta l’edizione 2014 del Vinitaly sarà sicuramente un’edizione da ricordare. Anche senza aspettare la diffusione dei numeri relativi all’afflusso al lato Nord del Palaexpo Regione Lombardia che ospitava 47 cantine produttrici ed il Consorzio (altri 16 produttori erano distribuiti in vari padiglioni esterni in storiche location, il caso di Uberti, Monte Rossa, Bellavista, che detengono da anni) è chiaro a tutti, a chiunque abbia provato a salire al Palaexpo nelle giornate di domenica e di lunedì (ma credo che anche martedì le cose non siano andate diversamente) e di muoversi nei 1500 metri quadri che costituivano l’area Franciacorta che il clamoroso, festoso successo ha avuto un risvolto indesiderato.
Un’affluenza tale da tramutarsi in determinati momenti in un vero e proprio “assalto”, in un confluire contemporaneo di persone – una vera e propria sfida alla legge dell’impenetrabilità dei corpi – che ha costretto loro malgrado gli organizzatori in certi momenti a bloccare per qualche tempo l’accesso tramite le scale mobili oppure a lasciare in attesa le persone che erano salite al secondo piano mediante le scale normali.
E’ stato uno spettacolo inconsueto e sicuramente non gradito al Consorzio Franciacorta e ai suoi operatori, né tantomeno agli operatori delle altre zone vinicole lombarde a loro volta presenti nel Palaexpo, ma non prese d’assalto così come era presa l’area della Franciacorta, vedere decine di persone in più o meno paziente attesa che uscisse dell’area un numero sufficiente di persone tale da consentire l’accesso ad altre.
Uno spettacolo che dimostra come il successo, la popolarità, elementi di cui la Franciacorta oggi sicuramente gode soprattutto presso il consumatore italiano, possono avere anche un risvolto imprevisto e indesiderato, di cui bisognerà tenere conto in sede di riflessione post fiera.
E’ chiaro a tutti che la presenza della Franciacorta all’interno del Palaexpo che ospita le varie denominazioni lombarde venga considerata dai responsabili istituzionali regionali e dai vari organismi che regolano (così si dice facciano) il mondo del vino della Lombardia, fondamentale e irrinunciabile. E che un Palaexpo che ospitasse tutti gli altri consorzi e vini lombardi ma non la Franciacorta sicuramente non provocherebbe più le file che ha provocato quest’anno e i blocchi temporanei all’ingresso, ma suonerebbe molto meno appealing. E un po’ strano.
Perché la presenza della Franciacorta all’interno del Palaexpo se anche ha involontariamente provocato le attese e le code di quest’anno e i malumori di altri Consorzi lombardi, d’altro canto è innegabile che serva ad altre zone lombarde che non godono della notorietà della zona bresciana a portare nel Palaexpo visitatori che poi finiscono, magari anche perché già preventivamente invogliati a farlo, per interessarsi delle altre produzioni lombarde.
Pertanto credo entri nel novero degli argomenti di discussione, a parte un discorso, non nuovo, che ho sentito fare a mezza voce da diversi produttori presenti, discorso che in pillole diceva “ma ha senso venire al Vinitaly e trovare queste condizioni? Ma dobbiamo davvero tornarci il prossimo anno? Il gioco vale la candela?”, la valutazione della possibilità per la Franciacorta di disporre di un’area autonoma non in condominio con nessuno dove disporre di tutti gli spazi necessari per far sì che le 47 cantine presenti quest’anno possano eventualmente aumentare, per ospitare manifestazioni, seminari, discussioni, per fare in modo che questa importante zona vinicola lombarda possa veramente incontrare gli appassionati, dialogare, spiegarsi, senza le code, le resse, festose e variopinte finché si vuole, ma non certo tali da permettere quel rapporto tra produttori e consumatori che è nei desiderata dei franciacortini.
Sono consapevole che quello di uno spazio riservato alla Franciacorta sia un discorso spinoso e difficile e che si tratterà di una decisione politica prima che logistica, funzionale, organizzativa. Ma visto che c’è un anno di tempo, è il caso di cominciare a ragionarci sopra e a non scartare a priori un’ipotesi del genere.