Non è un mistero che abbia una passione tutta mia per i Franciacorta che arrivano da quell’area particolare della zona vinicola bresciana denominata Monte Orfano , quel rilievo isolato che vediamo transitando in A4 nel tratto tra Palazzolo e Rovato, che costituisce il più antico affioramento della pianura padana, dotato di una particolare geologia, il cosiddetto “conglomerato” di natura litorale, con molti elementi ciottolosi grossolani, di un’età geologica più antica del resto della zona, da 26 a 5 milioni di anni, un particolare microclima, con temperature massime e minime più alte, un’esposizione massima al sole e una presenza calcarea spiccata.
Mi piacciono perché nelle loro migliori espressioni hanno un gusto un po’ speciale, un bel nerbo acido, un carattere minerale spiccato, una decisa secchezza, che sarebbe un errore scambiare per magrezza, perché sono vini dotati di una bella struttura anche se la componente fruttata in loro è meno spiccata che nelle altre zone franciacortine. La loro diversità è stata accertata anche dal pioneristico lavoro di zonazione fatto negli anni Novanta dal Consorzio che ha individuato nel Monte Orfano una delle sette “unità vocazionali ” del territorio.
Una delle aziende attive nella zona è la Fratus Franciacorta , proprietà dal 1973 della famiglia Fratus, che può contare su 15 ettari a vigneto, in larga parte terrazzato, ai piedi del Monte Orfano nel comune di Cologne. L’azienda, come ho già scritto, è stata impostata da Giovanni Fratus che dopo aver lavorato in Germania al suo ritorno costruì e sviluppò l’Hotel Touring a Coccaglio , avviò la produzione dei primi Franciacorta nel 1986.
Oggi l’azienda è condotta dal figlio Riccardo, che a partire dal 2002 ha voluto riconvertire, operazione ultimata nel 2006, al metodo biologico la produzione delle uve, con il controllo dell’ I.M.C. (Istituto Mediterraneo di Certificazione). Recentemente mi è capitato di degustare il Brut millesimato 2010, sboccatura risalente al gennaio 2013 e un dosaggio degli zuccheri lodevolmente contenuti, cosa che apprezzo molto in un Brut, a 5,8 grammi litro. Si tratta di una cuvée tra un 70% di Chardonnay e un 30% di Pinot nero, con una permanenza sui lieviti di circa tre anni.
Il vino anche questa volta mi ha convinto: colore intenso, un paglierino oro carico, bel perlage continuo e sottile, naso piuttosto secco con espressione di un certo calore maturità di frutta gialla e agrumi. Bocca ricca, ampia, succosa, molto secca, diretta, incisiva, ha una bella espansione e verticalità con una persistenza lunga e piena che riempie il palato.