A proposito di due articoli “celebrativi” su una nota azienda spumantistica bresciana
Rientrato da quattro giorni in Languedoc , per una verticale da urlo a Mas de Daumas Gassac e poi a Montpellier per Vinisud , giornate nel corso delle quali quando con i francesi ed i colleghi stranieri il discorso cadeva sui vini italiani si finiva a parlare solo di Barolo, Brunello di Montalcino, vini del Sud e… Prosecco, non di metodo classico made in Italy, mi sembra triste e provinciale finire a parlare di una certa zona spumantistica bresciana .
Però mi tocca farlo per completezza dell’informazione e perché io che non ho mai votato D.C. nella mia vita sono convinto che Andreotti , malefatte a parte, avesse un’intelligenza niente male. Ma cosa c’entra Andreotti con le bollicine made in Erbusco e dintorni? C’entra eccome.
Perché va bene un articolo molto elogiativo, leggetelo qui , di un sito Internet serio, il più importante tra quelli (non molti) che in Italia si occupano di Champagne come Le mie bollicine di Alberto Lupetti , editore di una fondamentale guida degli Champagne , soprattutto se a degustare insieme a Lupetti e a scrivere è una persona veramente preparata (oltre che affascinante) come Vania Valentini , ma quando scopro che il giorno immediatamente successivo, cioè ieri, sempre dedicato alla stessa nota azienda della zona spumantistica bresciana, quella che produce la tanto discussa cuvée Prestige , esce un altro articolo, allora comincio a pensare…
Soprattutto se la testata on line che l’ha pubblicato e l’autore del pezzo sono sempre stati molto “teneri” nei confronti dell’azienda erbuschese e del suo personaggio simbolo, e all’articolo, leggetelo qui , manca solo un sottofondo di tutti gli archi dei Wiener o Berliner Philamoniker per essere una sviolinata di quelle memorabili…
Allora conoscendo bene le capacità di fare marketing, glamour marketing , e comunicazione dell’azienda in oggetto, nell’orbita di un potente colosso come Santa Margherita , allora mi è venuto spontaneo pensare ad Andreotti quando il politico democristiano asseriva che “a pensar male si fa peccato ma quasi sempre ci si indovina”…
Niente da dire, saper fare “marketing della comunicazione” è una delle regole del successo e in quell’azienda di Erbusco il marketing lo conoscono bene e sanno intrattenere ottimi rapporti con i giornalisti (almeno finché cantano in coro le lodi della grandezza dell’azienda, finché sono funzionali o “produttivi”alla sua rappresentazione esterna in termini di prestig..io e di immagine elevata).
Fanno bene a tenersi buona la stampa italiana. Perché poi, nonostante pensino di poter conquistare non solo mercati alla loro portata come il Giappone, la Svizzera, la Germania, e spendono e fanno spendere molti soldi alle aziende associate al Consorzio che li rappresenta per tentare l’improbabile conquista di mercati come quello britannico e quello americano (scenari dove pochi soggetti si ritagliano piccole fettine, più d’immagine che di sostanza, e dove vendono, pardon, provano a vendere, a prezzi analoghi a quelli di molti validi Champagne…), alle prova dei fatti la considerazione della loro zona si dimostra non altissima.
Ultima dimostrazione, vedere le pagine qui riprodotte, dedicate alla zona spumantistica bresciana (e alla mediatica azienda Prestige-iosa) nell’ottimo libro, appena uscito, dedicato ai rosé wines of the world, vini fermi e con le bollicine, dall’amica e collega wine writer inglese Elizabeth Gabay , Master of wine (lei, non io…) Rosé: understanding the pink wine revolution . E che spazio avevano avuto su Rosé all day di Katherine Cole ? E su Rosé wine : the guide to Drinking pink di Jennifer Simonetti-Bryan?
Ma come, la zona spumantistica bresciana, come dice qualche tondinaro dopo aver bevuto troppe bollicine indigene, non era la risposta italiana, pardon, bresà, alla Champagne? Ma mi faccia il piacere!
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