Così come non hanno obiettato o contestato i lettori che qualche mese fa mi hanno visto scrivere molto positivamente del metodo classico Athesis Brut Rosé 2014 dell’azienda altoatesina Kettmeir , che fa parte del Gruppo Vinicolo Santa Margherita avendolo giudicato positivamente e non avendo raccolto, non so per indifferenza di chi leggeva o perché sostanzialmente d’accordo con il mio giudizio molto più tiepido su quello che l’azienda di Caldaro considerava il top di gamma, parlo dell’Alto Adige Doc Riserva Extra Brut“1919” 2011 , mi auguro anche che quanto sto per scrivere su un altro metodo classico venga accettato. E’ un parere soggettivo, non l’EnoVangelo del resto…
Santa Margherita è il simbolo del Pinot grigio italiano nel mondo, è l’azienda, organizzativamente e soprattutto commercialmente formidabile che ha creato e facilitato il successo americano ed internazionale di questa varietà, un successo tale da aver originato la Doc delle Venezie , il Pinot grigio del Triveneto (e Santa Margherita non ne fa parte perché imbottiglia il suo Pinot grigio come Valdadige o come Alto Adige), ed è giusto che sul vitigno simbolo aziendale produca e sperimenti come vuole.
Non cambia di una virgola la mia convinzione che il Gruppo della Famiglia Marzotto rappresenti uno dei gruppi vinicoli italiani di riferimento, e non solo quantitativo, e che sia in sede sia a Caldaro da Kettmeir si producano bollicine di qualità, ma pur con tutto l’affetto per il Rülander o Pinot grigio non penso che questa varietà, al di là dell’omaggio giusto e doveroso alla trionfante versione ferma meriti e giustifichi altre ricerche e approfondimenti tecnici.
Questa versione di metodo classico annata 2015, che si è affinata almeno 14 mesi sui lieviti è stata ottenuta da vigneti di Pinot grigio allevati a Guyot, 5000 piante per ettaro, posti prevalentemente in Oltradige a 4-500 metri di altezza, su terreni dove erano presenti sia calcare che argilla.
La vinificazione è stata classica, con spremitura soffice delle uve e immediata separazione delle bucce, nessuna fermentazione malolattica e il vino base è rimasto in acciaio inox per tre mesi sui lieviti della prima fermentazione, eppure..
Eppure nonostante l’esperienza di oltre mezzo secolo nella vinificazione in bianco del Pinot Grigio Alto Adige, a Santa Margherita non hanno potuto fare il miracolo di ottenere un metodo classico che abbinasse facilità, piacevolezza, buona bevibilità, equilibrio con quel minimo di eleganza e complessità che è comunque giusto chiedere ad un buon metodo classico.
Bello il colore paglierino oro nel bicchiere, perlage abbastanza fine e continuo e aromi tipicamente da areale nordico, soprattutto mela Golden, pera matura, sfumature di noce, fieno secco, fiori gialli e una presenza molto evidente di note di lievito.
E’ al gusto che questo Pinot grigio delude, con una bocca piuttosto sottile e acida, un’indubbia consistenza e grassezza, un buon volume, una bocca non direi grossolana, ma non certo molto fine sul palato e un finale un po’ corto, con poca articolazione e carenza di dinamismo e di scatto.
Un aperitivo simpatico, sicuramente superiore, per quanto mi riguarda, ad un Prosecco Doc, ma da Santa Margherita e dal Pinot grigio giusto aspettarsi qualcosina di più, anche in versione bollicine, specie se il prezzo supera i 15 euro. O no?
Attenzione!:
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