In un articolo sul FT la celebre wine writer UK ignora le bubbles tricolori…
Cari amici produttori di “spumanti”, metodo classico e charmat, italiani, cari bollicinari che pensate, e in qualche caso avete ragione, di produrre vini che, Champagne a parte, altro campionato, altra categoria, non hanno nulla a che invidiare agli omologhi vins mousseux prodotti in tutte le altre parti del mondo, lavorate bene, ma avete ancora da fare tantissimo dal punto di vista dell’immagine e della promozione. Non dico nelle mura di casa, ma anche all’estero, sebbene possiate portare come fiore all’occhiello, cito due casi, i 19 milioni di bottiglie venduti dai vari Prosecco nel 2019 in Francia (quest’anno i numeri saranno ben diversi, mi dispiace per i vostri bilanci) e l’11% delle bottiglie che la Franciacorta riesce a vendere fuori d’Italia. In Svizzera, Germania, ma soprattutto in Giappone…
Avete ancora moltissimo da fare, sebbene siate presenti, il Prosecco in forze, gli spumantisti metodo classico a denominazione d’origine con piccoli numeri, dal punto di vista della comunicazione, della rappresentazione di voi stessi e dei vostri meriti all’estero, soprattutto in una terra, il Regno Unito , dove gli sparkling continuano ad andare benone, e dove la Champagne vende, fuori di Francia, più che su qualsiasi altro mercato. Più che negli sterminati States…
Qualcuno di voi, parlo della Franciacorta, oltre che del Prosecco Doc e Docg, ha investito bei soldini per presentarsi al consumatore britannico, ad un fizzle fan che in patria può trovare sparkling provenienti da ogni dove, dalla California, dai Paesi del Commonwealth come Australia e Nuova Zelanda, da Cile, Argentina, Sud Africa. Terra, quest’ultima, dove una winery come Graham Beck produce, con la consulenza anche di enologi nati in Champagne, bubbles davvero niente male. Importate e distribuite in Italia dal mio amico Mario Federzoni di Première Italia . Quella che importa gli Champagne con le bottiglie dalla foggia inconfondibile di De Venoge …
Purtroppo, anche se avevate nominato un brand ambassador e individuato un’agenzia molto vicina a quel furbetto del mio collega wine writer Tom Stevenson (lo conosco personalmente, ho degustato varie volte con lui, a Londra e in Italia, ho collaborato con lui per cinque edizioni del suo annuario Wine Report ), uno che ha capito che dal Trentino, oltre che dai prosecchisti per le sue attività e i suoi International wine challenge possono arrivare bei soldini, non avete portato a casa grandi risultati, anzi, lassuma pert …
Cari bollicinari italici, e mi rivolgo soprattutto ai produttori di Franciacorta, Trento, Alta Langa, ai cari provinciali dell’Oltrepò Pavese, dovete ancora darvi tanto da fare, ma quanto!, per poter dire che siete presenti in UK, che avete conquistato London, Manchester, Liverpool, Brighton, Leeds…
Sicuramente, anche se qualcuno di voi vende in UK quattro bottiglie in croce, non avete conquistato il palato, la testa e il cuore dei migliori, dei più influenti wine writer inglesi, Master of wine e non, altrimenti non sarebbe accaduto che Jancis Robinson , the Queen of wine writers, in un articolo pubblicato sul Financial Times (che non posso linkare perché è riservato agli abbonati) e intitolato “Jancis Robinson’s guide to the best festive bubbles ”, ovvero la guida di Jancis Robinson alle migliori bollicine per le feste, articolo nella quale sostiene che questo è il momento migliore per far saltare i tappi, arrivasse ad ignorarvi bellamente.
L’amica Jancis, che conosco di persona, con la quale (c’era anche il mio Maestro Nicolas Belfrage ) anni fa feci in London una memorabile degustazione per The World of Fine Wine dei migliori Vin Santo toscani e che ho personalmente invitato in Puglia, ad una manifestazione che FU grande (oggi lasciamo stare…) ovvero Radici nel Sud, nel 2011 (lei venne, stette cinque giorni, assaggiò tutto con curiosità e senza darsi alcuna aria da Diva e poi scrisse..) in questo articolo difatti ha selezionato sparkling di tutto il mondo, ovviamente Champagne, poi Cava, vini del Sud Africa, dell’Australia ( i fantastici sparkling della Tasmania di House of Arras ), e naturalmente diversi English sparkling wines, ma dei vini italiani, delle bollicine tricolori nessuna traccia. Non se li è filati insomma (con un pizzico di snobismo da parte tua, dear Jancis…) forse anche perché il vostro messaggio, cari bollicinari metodo classico italici, non è stato percepito. Non siete stati capaci di raccontarvi insomma…
Che dire dunque? Io vi consiglio sommessamente di provare a contattare Jancis Robinson direttamente o se li avete tramite i vostri importatori in UK, lei è persona garbata e disponibile e soprattutto pronta a ricredersi, really open mind , di modo da farle assaggiare le vostre cuvées.
Poi, Signori miei, se aveste intenzione di fare qualcosa di più intelligente e di più organico, di tentare una strategia di comunicazione e promozione, beh, io qualche ideuzza, non peregrina, l’avrei anche…
A’ votre santé Mesdames et Messieurs!
Attenzione!: non dimenticate di leggere anche Vino al vino http://www.vinoalvino.org/ e il mio nuovo blog personale www.francoziliani.it