Riflessioni sulla nuova (si fa per dire) campagna pubblicitaria degli spumantisti bresciani
Non voglio dare l’impressione di avercela con la zona spumantistica bresciana nota come Franciacorta, zona alla quale ho ultimamente riservato svariate e credo ben argomentate e più che motivate, a meno di essere dei solenni lecca…o, critiche. Io continuo a sostenere che nella zona posta tra Monte Orfano e Lago di Iseo si producano eccellenti metodo classico ma anche, e sono larga maggioranza, purtroppo, vini noiosi e prevedibili e privi, almeno per me che ho sempre più un palato champagnista, di appeal.
Però, forse anche perché mi chiamo Franco Ziliani e sono omonimo del grande uomo che la zona spumantistica bresciana si è inventata quando io non andavo ancora alle elementari, non posso tacere, non posso far finta di niente quando vedo che ad Erbusco, Borgonato di Cortefranca, Adro e dintorni, accadono cose che non capisco, che non mi piacciono, che mi fanno pensare che i tempi eroici, correva il 1990, quando il Consorzio Franciacorta veniva fondato da grandi uomini e da una grande Donna, quando i presidenti del Consorzio negli anni si chiamavano Paolo Rabotti, poi Giovanni Cavalleri, Ezio Majolini, Maurizio Zanella, e poi lassuma pert…, siano ormai lontani. E che un certo spirito sia, temo irrimediabilmente, andato perduto.
Mi arriva ieri via mail una comunicazione dal Consorzio, che pure ha un AD con i controfiocchi, e nel cui Cda siedono anche persone in gamba, che presenta quella che viene definita “la nuova campagna advertising ”. A parte il fatto che mi sarei anche rotto gli zebedei di vedere i Consorzi del vino italiani ricorrere sempre al dannato inglese per presentare quello che fanno, sono andato a vedermi la novella immagine degli spumantisti bresciani, affidata, diceva il comunicato, al fotografo Marco Craig (figlio di quel mitico attore Mimmo Craig, interprete di meravigliosi Carosello negli anni Sessanta, e dello slogan “La pancia non c’è più” per gli spot dell’Olio Sasso), e sono rimasto basito.
Nuova immagine, nuova campagna? Ma dai, urlerebbe Mughini, ma chi volete menare per il naso spumantisti bresciani?
Guardiamola insieme questa foto (immagino costata un bel di soldini, perché i bresciani quando c’è da spendere non si tirano indietro, non badano a spese: do you remember l’operazione Expo, costata una gran cifra e finita a vantaggio dei soliti pochi noti?) e diciamoci: ma non sentite aria di déja vu , qualcosa che abbiamo già visto e rivisto, sino alla noia, in Italia, in Francia e nel mondo?
Sorvoliamo sul claim , ovviamente in inglese, perché fa più fico pensano a Provaglio d’Iseo e a Capriolo, ma questa scena di un interno di un palazzo nobiliare, con antico camino, grandi quadri alle pareti, tappeto persiano, belle giovani donne sorridenti in abiti da sera, sapientemente scollati, spensierate e prevedibilmente ricche, magari figlie di papà, due uomini che sembrano rampolli della ricca borghesia, non è sorprendentemente vecchia, datata, stile anni Ottanta?
Non è forse vecchio, nostalgico forse, superato, démodé, questo modo di associare un vino, il Franciacorta Docg, ad un’immagine di lusso, ad un’idea élitaria, da prodotto per happy few e non da quella middle class che forma lo zoccolo duro (fatto di casalinghe, bancari, dipendenti pubblici, idraulici, parrucchieri, e non solo di fighetti con i dané) dei consumatori delle bollicine made in Brescia?
Non è stantio, segno di una drammatica carenza di fantasia, di idee poche e confuse, di un patetico strizzare l’occhio, di un “vorrei ma non posso”, di un modo di proporsi che persino in Champagne hanno quasi dimenticato, visto che ormai si propongono, loro che sono Champagne e non Franzacurta, non più come un vino da élite, ma come un grande vino, con le bollicine, che va incontro alla gente, che vuole far parte del sistema di vita, e di consumo, di persone normali, che vivono, lavorano, soffrono, amano la vita, e si fanno ogni giorno, soprattutto in questi dannati e drammatici tempi di coronavirus, “un mazzo tanto”?
Non è contraddittorio forse presentarsi in questo modo presunto nuovo ma terribilmente vecchio, superato, stile “Milano da bere” della rampante era craxiana, e poi degli stilisti da capi per ricche e famose, delle Camere della moda, dei rampanti, della finanza con il pelo sullo stomaco, un’Italia socialista poi forzaitaliota e berlusconiana, e poi (misma mierda) piddina, oggi da Ferragni e Fashion week, quando si sta superando la boa dei primi due decenni del Ventunesimo secolo?
Capirei ancora che questo modo di presentarsi riguardasse una zona le cui bollicine si vendessero tutte a prezzi da Cristal o da Clois des Goisses, ma quando riguarda una Docg dove, come continuo a documentare, il fenomeno degli spudorati calamenti di braghe, pardon, di prezzo, è prassi comune, diffusa, in costante aumento, dove forse si è piantato (spesso in posti indegni) e si sta producendo troppo, ma presentarsi come a fine 2020 come Very Italian, very Franciacorta, fa solo sorridere e mette un pizzico di malinconia…
Per rifarmi che fare, se non stappare una bottiglia di quel vino con le bollicine che potrebbe davvero presentarsi, ma ormai rinuncia a farlo, come “Very French, very Champagne”?
A votre santé et Joyeux Noel spumantisti bresciani ed un sommesso consiglio: scendete giù dalle piante, prima che la caduta dal pero diventi troppo rovinosa, e ritrovate in voi, con gente nuova, con gente fresca, facce pulite e menti aperte, quella capacità di proporsi che fu di Franco Ziliani, Giovanni Cavalleri, Paolo Rabotti, Emanuela Barzanò Barboglio, di Maurizio Zanella (impeccabile lunedì sera ospite di Nicola Porro a Quarta Repubblica ) e non è e non potrà mai essere di modesti bresciani e brescianini…
Attenzione!:
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